Pomodori e l’allarme barattoli, De Angelis (Anicav): “C’è una criticità ma…”

La crisi dell’acciaio mette davvero a rischio la produzione dei barattoli per le conserve di pomodoro? A Contocorrenteonline parla Giovanni De Angelis, direttore Anicav.

Conserve pomodoro Anicav
A sinistra, il direttore generale di Anicav Giovanni De Angelis

“Non c’è più latta per inscatolare il pomodoro”. L’allarme lanciato era stato sostanzialmente questo nei giorni scorsi. Con tanta risonanza da spingere i consumatori a porsi una domanda probabilmente inedita: cosa accadrebbe se, d’improvviso, non ci fosse più latta per le conserve? L’impatto sarebbe di sicuro significativo, considerando che l’Italia si attesta ai primi posti al mondo nella produzione di conserve. Oltre 5 milioni di tonnellate processate ogni anno.

La pandemia sembra aver detto la sua anche su questo settore, portando rincari sparsi nei vari segmenti correlati. Non ultimo quello dell’acciaio, provocando una condizione di difficoltà generale nel reperimento delle materie prime. Ma si può davvero parlare di allarme? Contocorrenteonline ne ha parlato con Giovanni De Angelis, direttore generale dell’Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali (Anicav): “Una criticità c’è, ma per diventare emergenza devono manifestarsi condizioni particolari”.

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Conserve di pomodoro e l’allarme barattoli: il quadro di Anicav

Direttore, la criticità della produzione di banda stagnata ha destato parecchia attenzione mediatica. Parliamo di un settore, quello della conservazione, che tendiamo a dare per scontato ma che riveste un’importanza cruciale per la nostra economia. Qual è la situazione?
“Si inquadra in una situazione abbastanza generale di difficoltà di reperimento di materie prime in generale, dovuta anche all’emergenza pandemica. Una situazione non strutturale che, comunque, riguarda una serie di materie, sia per quanto riguarda l’approvvigionamento che il relativo costo. Nel caso specifico della banda stagnata e dell’acciaio, la difficoltà di reperimento si riverbera anche sul settore delle conserve vegetali. In cui il contenitore è appunto la scatola di acciaio. C’è una situazione in cui, più che lanciare un allarme, il nostro settore sta monitorando con grande attenzione. Cercando, appunto, di capire come intervenire nel caso in cui questa criticità peggiori”.

Ci sono rischi a breve termine per la produzione?
“E’ un problema che ci riguarda direttamente. La nostra è un’attività pianificata con abbondante anticipo rispetto alla campagna stagionale di raccolta, soprattutto del pomodoro, fatta tra fine luglio e settembre. Tutto, prima di arrivare a questa scadenza, viene fatto con una grande organizzazione nei mesi precedenti. Le nostre aziende, che autoproducono scatole, stanno lavorando a regime. C’è una certezza rispetto alle criticità: l’aumento del prezzo dell’acciaio che sta interessando e coinvolgendo il nostro settore”.

Il caso rincari

Senza contare il forte impatto sull’economia sostenibile della produzione dei barattoli di conserva…
“La banda stagnata è utilizzata da oltre 150 anni nel nostro segmento, in particolare per il pomodoro ma anche per le altre conserve in generale. E’ un prodotto a basso impatto ambientale, riciclabile al 100%. Abbiamo, in Italia, un importante riciclo che, secondo i dati del Consorzio Ricrea, supera l’80% dell’immesso al consumo. Noi siamo un settore altamente improntato sull’export, oltre il 60% dei nostri barattoli vengono distribuiti nel mondo e quindi l’attenzione che l’Italia esercita, rispetto al recupero dell’acciaio, è incentrata sull’immessa e consumo dei barattoli. I quali rientrano quindi in un discorso di economia circolare”.

Si è parlato di rincari. Il contesto pandemico ha contribuito all’innalzamento dei prezzi anche in altri settori correlati?
“Noi riempiamo circa 3 miliardi e mezzo di barattoli all’anno. Se si dovesse metterli in fila, si arriverebbe a coprire una distanza di circa 600 mila chilometri, ovvero il giro della Terra per 15 volte. E’ chiaro che, in questo momento, stiamo facendo i conti con una serie di rincari che riguardano l’acciaio e, quindi, il costo di realizzazione di un barattolo. Ma anche altri legati ai costi di energia, quelli relativi alle etichette… Una serie di elementi che, sicuramente, faranno sì che il prodotto finito costi di più. Quanto questo costo venga ridistribuito lungo il circuito della vendita è impattante in modo relativo, in considerazione del prezzo povero che il pomodoro rosso ha. Qualche decina di centesimi di euro, nonostante le sue caratteristiche e il suo primato per i nostri consumi, in Italia e nel mondo. E’ un must che noi portiamo avanti”.

Crisi dell’acciaio, le conseguenze sul pomodoro

L’impatto è anche sulla quotidianità…
“Il pomodoro conservato, in termini salutistici, ha un vantaggio rispetto a quello fresco, poiché le sue caratteristiche vengono conservate anche se processato in barattolo. E abbiamo un alleato d’eccezione come l’olio d’oliva che, essendo un conduttore, riesce a far sì che il nostro organismo possa assorbire licopene e antiossidanti in modo amplificato. Poche decine di centesimi di euro, ci danno la possibilità di consumare un prodotto salutistico come un piatto di pasta al pomodoro, a un prezzo inferiore che andremmo a pagare consumando un caffè al bar”.

L’Italia si attesta fra i maggiori produttori di conserve, soprattutto di pomodoro, a livello mondiale. Parliamo quindi di un settore di significativo impatto economico. Quante possibilità ci sono che la criticità diventi emergenza?
“Il settore è di significativo impatto economico sul Pil anche se non remunerativo. Sviluppiamo un volume di affari di circa 3 miliardi e 700 milioni di euro. Le marginalità di un prodotto che è stato relegato a commodity fa sì che la remunerazione sia limitata. La criticità può trasferirsi in emergenza nella misura in cui si fanno i conti con una prima trasformazione del prodotto agricolo. Se dovessero verificarsi particolari abbondanze di prodotto in ettari di rese agricole, ci dovranno essere delle scatole sufficienti. Se c’è un surplus di produzione, credo che la criticità possa diventare emergenza”.

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Concretamente, c’è il rischio che il prodotto rimanga davvero non colto nei campi?
“Speriamo di no. Siamo in grado, avendo programmato le quantità, di coprire il fabbisogno. Le scatole sono in produzione anche in questo momento, arriveremo all’inizio della campagna con un momento di attività parallela: noi inscatoliamo e gli scatolifici producono ancora. E’ un processo in itinere che non sappiamo ancora come andrà a finire. Con un surplus, ripeto, potrebbero manifestarsi ulteriori difficoltà”.

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