La latta è finita, allarme rosso per i cibi conservati: cosa si rischia

Finora non gli abbiamo dato troppo peso ma i barattoli di latta sono fondamentali nella nostra economia quotidiana. E ora stanno sparendo…

Barattoli di latta
Foto © AdobeStock

Ecco una di quelle cose che si danno per scontate, senza che ci si renda conto di come sarebbe se, d’improvviso, non ci fossero più. Ai barattoli di latta, diciamo la verità, non diamo troppo peso. Si tratta di oggetti che, una volta aperti e svuotati, vengono perlopiù riciclati attraverso la raccolta differenziata, a meno che non si tratti lattine di una qualche bibita, magari in edizione limitata. Ma i collezionisti sono una categoria limitata e non tutte le scatolette di latta sono così preziose da valere un posto sulle nostre mensole. Alzi la mano, infatti, chi ha collezionato un barattolo di pelati, di fagioli o di qualsiasi altro legume.

A voler essere precisi, prima di differenziarli, anche la carta dell’etichetta andrebbe rimossa dai contenitori. Ma la nostra attenzione finisce lì. Poi ci penseranno i compattatori o chi per loro. Ma forse è il caso di chiederselo: se mai non dovessero esserci più le tradizionali scatole di latta, dove andrebbero a finire molti dei prodotti confezionati che compriamo abitualmente? Anzi, faremmo bene a chiedercelo visto che, a quanto pare, la latta per conservare i cibi non c’è quasi più. E quella che c’è è particolarmente costosa sul mercato. Colpa del Covid-19, anche qui. O, più esattamente, del primo lockdown imposto dalla pandemia. Lo sapevamo, in fondo, che il cambiamento del nostro modo di vivere alla fine avrebbe richiesto uno scotto.

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La latta è finita, allarme rosso: come verranno conservati i cibi?

Il problema è presto spiegato. La stasi forzata all’interno delle nostre abitazioni ha generato una produzione esagerata dei cibi conservati in barattolo, proprio per far fronte a una domanda praticamente triplicata. Basti pensare che negli stabilimenti ex Ilva di Genova si producono 100 mila tonnellate di banda stagnata, mentre il fabbisogno nazionale si attesta a 800 mila. Il contraccolpo arriva dallo stop all’automotive: la produzione di acciaio, estremamente rallentata per il calo della domanda in questo settore, ha prodotto una crisi sulle conservazioni in barattolo di latta.

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Come in tutto, anche qui rischia di innestarsi un effetto domino. L’assenza di contenitori sufficienti per la conservazione dei pomodori, ad esempio, potrebbe lasciare molti ortaggi nei campi. Un cattivissimo affare, considerando che l’Italia è fra i primi produttori di conserve di pomodoro al mondo, con 5 milioni di tonnellate l’anno. Altri problemi si riscontrano per chi produce birra, tanto che alcune marche più piccole potrebbero presto sparire dal mercato. E la situazione non migliora guardando ai prezzi: il costo dell’acciaio, ad esempio, è salito vertiginosamente, in alcuni frangenti anche del 60%. Praticamente inavvicinabile, con impatto devastante su tutti i settori dell’indotto che basano su questo le loro produzioni. A ora, non resta che osservare la situazione e aspettare tempi migliori. Ma le lancette corrono in fretta e il mercato non aspetta mai. Figuriamoci ora.

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