Pensione, reversibilità al coniuge che lavora? Ecco cosa succede

La legge italiana riconosce la reversibilità al coniuge anche in presenza di un reddito da lavoro. Verranno tuttavia applicate delle condizioni.

Pensione reversibilità lavoratore
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La pensione di reversibilità è uno di quei trattamenti ritenuti fondamentali al fine di non perdere i diritti che uno dei coniugi ha maturato nel corso della propria vita. Si tratta, di fatto, di un’erogazione riconosciuta dalla legge italiana ai familiari più prossimi di un pensionato defunto, in percentuali che variano dal reddito complessivo dei potenziali beneficiari alla composizione stessa del nucleo familiare. Fra le variabili, infatti, subentrano la presenza di figli disabili, ancora studenti o che siano ancora a carico del genitore al momento del decesso.

Addirittura, nel caso in cui il pensionato deceda senza avere avuto né figli né consorte, la pensione di reversibilità spetterebbe ai suoi genitori, se risultanti a suo carico e se oltre i 65 anni. In alternativa, finirebbe a fratelli e sorelle. Si tratta di casi diversi ma comunque attraversati dal filo conduttore della destinazione di una percentuale della vecchia pensione ai parenti in vita più prossimi di chi l’aveva ottenuta col suo lavoro. Il lavoro appunto. Dal momento che per la maggior parte delle situazioni è il coniuge a usufruire del trattamento, cosa accadrebbe nel caso in cui quest’ultimo percepisse un reddito derivato da un’attività lavorativa?

Pensione di reversibilità, cosa succede se il coniuge è lavoratore

In realtà la legge prevede ampiamente il caso e, di fatto, continua a riconoscere la reversibilità anche in presenza di un altro reddito. L’unica variazione riguarda per l’appunto gli importi percepiti, dal momento che la pensione del coniuge deceduto verrebbe adeguata di conseguenza, con riduzioni comprese fra il 25% e il 50%. Tutto dipende dal reddito: nel caso in cui questo sia inferiore o pari a 20.107,62 euro annui, l’assegno pensionistico non subirà variazioni. Verrà quindi percepito in forma piena. Se il reddito fosse compreso fra tale cifra e 26.820,56 euro, invece, si opererà un taglio del 20%. Il quale salirà al 40% in caso di redditi superiori ma inferiori a 33.525,70 euro. In caso andassero oltre, il taglio sarà del 50%.

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In sostanza, se il reddito da lavoro derivasse da una normale attività, difficilmente si andrà incontro a dei tagli. Specie se dovessero subentrare situazioni che garantiscono comunque l’erogazione, come la presenza di figli disabili o studenti. In questi casi, peraltro, subentrerebbero ulteriori agevolazioni. Per quanto riguarda la reversibilità, va ricordato che gli unici redditi a far fede saranno quelli soggetti a tassazione Irpef. Nemmeno i Tfr rientreranno fra quelli inclusi nel conteggio.

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