Il conto della Super League tra fondi e scissioni: il calcio è nel pallone

Nasce la nuova Super League ma la Uefa dichiara guerra ai club scissionisti. Massimo Ciccognani, giornalista sportivo, a Contocorrente: “Si rischia il caos”.

Va bene tutto, ma non chiamatela “Super Champions”. Avrà i suoi limiti, servirà un restyling (e c’è già stato, proprio in queste ore) ma i pianeti sono diversi e la Champions League è un’altra cosa. Del resto non è un caso se, prima della riforma del ’95, si chiamava Coppa dei Campioni. Partecipanti perché vincitori del proprio torneo, niente trucco e niente inganno. Poi Champions, perché campioni si diventa anche battendo i… campioni. In fondo cos’è lo sport se non il campo dove il merito e il duro lavoro consentono (o dovrebbero consentire) di raggiungere grandi traguardi? La Super League è altro. E’ capitalizzazione di un processo di ascesa del calcio degli investitori. Perché l’Ajax e il Bayern (dieci Coppe dei Campioni in bacheca in due) costruiscono dal basso. E nel calcio delle presunte élite non ci vanno, chi per scelta e chi per altre ragioni.

Chi l’ha detto che una squadra non possa costruire un organico per competere ad alti livelli? L’esclusività serve nel momento in cui ci si stacca dalla competizione. E che ne guadagni lo spettacolo è tutto da dimostrare. Perché la Uefa sembra tutt’altro che intenzionata a restare a guardare e la secessione dei Dodici destinata a finire in un contenzioso probabilmente mai visto nel mondo del pallone. In ballo non c’è solo la riforma del calcio (la Champions è già stata riformata e dal 2024 passerà al format a 24 squadre). Si decide su cosa farne dei club ribelli, del loro futuro nelle leghe d’appartenenza e di quello dei loro calciatori nelle rispettive nazionali.

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Ci sarà tempo per capire se al team di un campionato “minore” sia giusto o meno togliere la soddisfazione di una notte a Old Trafford o al Bernabeu (a occhio sembra che non lo sia). Al momento la lingua parlata non è di sicuro quella del pallone: “Sta accadendo qualcosa di simili ai tornei estivi – ha spiegato a Contocorrenteonline il giornalista sportivo Massimo Ciccognani – quando grandi fondi internazionali permettono a grandi club di partecipare a partite amichevoli in Paesi lontani. Allo stesso modo, anche in questo caso, una tantum, ci sarebbe un fondo a immettere soldi per la nuova lega. Ma lo scenario è completamente diverso“.

Il conto della Super League: “Si rischia il caos”

Uno scenario che, tuttavia, fino a poche ore fa sembrava destinato a tutt’altri esiti. “Nell’ultima riunione dell’esecutivo Uefa, l’Eca aveva avallato l’idea di portare la Champions a 36 squadre, per far giocare più partite e avere più introiti. Formula peraltro approvata stamattina. L’Uefa, inoltre, ha dato il via a una terza competizione europea, la Conference League. Una sorta di erede della Mitropa Cup, allo scopo di permettere anche ai piccoli club di poter partecipare a una competizione europea“. Ora lo scenario è diverso: “L’Eca ha fatto sapere di non essere a conoscenza dei movimenti del presidente Agnelli (dimessosi ieri sera, ndr) e ha dato fiducia all’operato dell’Uefa. E anche la Fifa si è schierata al fianco della Federazione europea. Ora si rischia davvero il caos, specie se i calciatori dovessero davvero correre il pericolo di restar fuori dalla nazionale“.

Con buona pace della competitività, quella a cui fanno appello anche grandissimi nomi del calcio internazionale. L’ex United Gary Neville ha parlato di “atto criminale”, il tecnico del Liverpool, Jurgen Klopp, ha minacciato le proprie dimissioni se i Reds dovessero perseverare nella decisione. Francia e Germania hanno già dato picche. Chissà che ne penserebbe Brian Clough, che portò il Nottingham Forest alla conquista di due Coppe dei Campioni di fila.

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Anche per fare i conti ci sarà tempo. L’una tantum è quantificato in 3,5 miliardi di euro, destinati alla realizzazione di piani di investimento infrastrutturale. Per il resto, i club si impegnano a restare confinati in un quadro di spesa. Il fondo che darà la spinta all’ingranaggio è la JP Morgan. Vero che l’obiettivo di riformare il calcio parla la lingua dell’economia: la Champions, con un parco di pubblico decisamente più ampio, fattura meno della Nfl statunitense. Ma è vero pure che Sky, rimasto fuori dalla corsa alla Serie A, si è assicurato i diritti sulla Champions. Tutto molto complicato. Certo è che se si legge nella suddetta ottica, l’aumento della competitività sembrerebbe avere senso. Ma è giusto che ha rimetterci siano merito e lavoro, i due pilastri dello sport? A meno che la pietra d’angolo non sia stata sostituita da tempo…

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