La quotazione di Ripple torna a prendere fiato, anche se la società che siede dietro la criptovaluta non se la sta passando poi così bene. Nelle ultime ore, infatti, è emersa l’intenzione, da parte di alcuni investitori, di istituire una class action contro Ripple e contro il suo numero uno Brad Garlinghouse.
L’iniziativa, nata per volontà dell’investitore Ryan Coffey, punta a portare in tribunale Ripple Labs per aver commercializzato dei token XRP non regolarmente registrati, ossia nati praticamente dal nulla e finiti in quella che è stata ribattezzata come “una ICO senza fine”. A detta di Coffey e di tutti coloro i quali si stanno unendo a lui, questa operazione della società avrebbe determinato un’erosione del 32% su parecchi XRP acquistati: nel caso specifico di Coffey, la mossa di Ripple avrebbe fatto perdere di valore i 650 XRP da lui acquistati a un prezzo di 551,89 dollari.
Tuttavia la class action che si sta formando contro Ripple Labs non sembra aver sortito effetti sulla quotazione della criptovaluta, o perlomeno non lo ha fatto finora. Il valore del Ripple infatti è in crescita, anche se la questione andrà comunque attentamente monitorata visto e considerato che se le accuse di Coffey dovessero rivelarsi fondate, per Ripple Labs si paleserebbe una violazione della normativa federale e statale che regola i metodi di vendita dei token.
Coffey dopotutto è convinto della sua posizione: “Gli imputati hanno tratto enormi profitti vendendo XRP al pubblico. Al fine di aumentare la domanda di moneta, e quindi incrementare i profitti, la società ha costantemente descritto XRP come un buon investimento e fornito previsioni ottimistiche sui prezzi”.
Il nocciolo della questione ora sta tutto qui: se Ripple verrà considerata una security, allora l’azienda dovrà rispondere all’accusa di averla venduta senza essere prima passata sotto la lente della SEC, così come prevede la procedura.