Stipendio, altolà pignoramento: cosa stabilisce la Legge

Il pignoramento dello stipendio non è sempre possibile. Il cittadino ha la facoltà di opporsi all’esecuzione forzata. Vediamo in quali casi.

Una panoramica tra le Leggi italiane ci consentirà di capire quando non è consentito pignorare il conto corrente. Esiste una sola possibilità, scopriamo quale.

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Il pignoramento è un atto di esecuzione forzata che mira a vincolare i beni di un debitore in modo tale da poter soddisfare i diritti del creditore. Esiste il pignoramento immobiliare, quello mobiliare e il pignoramento presso terzi. Sono pignorabili, dunque, case e terreni così come conti correnti, veicoli e animali. Sono molti, poi, i beni non pignorabili. Rientrano nell’elenco la prima casa, il Reddito di Cittadinanza, i vestiti, il letto, le foto e i diari del debitore. Altri beni, poi, potrebbero essere pignorati oppure no a seconda delle circostanze. E’ il caso dello stipendio.

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Stipendio, quando il pignoramento non è ammissibile?

Lo stipendio è un bene considerato pignorabile. La Legge stabilisce, però, un caso specifico in cui il debitore può opporsi all’atto e rendere l’esecuzione illecita. Parliamo della presentazione da parte del pignorato al giudice di un’opposizione all’esecuzione forzata. Il giudice potrà sospendere l’efficacia del provvedimento ed interrompere, così, il pignoramento.

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Affinché ciò accada, il debitore dovrà avanzare l’opposizione tramite avvocato immediatamente dopo aver ricevuto la notifica dell’atto di precetto. Nello specifico, dovrà essere inoltrato il ricorso per poter bloccare l’azione del creditore. Questo è quanto stabilito dalla Legge.

Quando la retribuzione viene pignorata

Il pignoramento dello stipendio è l’ultimo atto effettuato per poter recuperare il debito. Si arriva a bloccare l’accesso alla retribuzione, infatti, solamente dopo aver messo in pratica altri provvedimenti considerati “minori”. Il riferimento e a sollecitazioni di pagamento inviate non tramite comunicazione scritta ma trattenendo iniziali piccole somme dallo stipendio stesso.

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Secondo la Legge, per avviare il vero e proprio pignoramento della retribuzione è necessario l’invio al debitore di un’atto di pignoramento. A ricevere il documento saranno sia il lavoratore che il datore di lavoro dato che sarà quest’ultimo a dover sottrarre la cifra pignorata dallo stipendio. L’ufficiale giudiziario, quindi, consegnerà l’atto al datore di lavoro che dovrà entro 10 giorni confermare al creditore l’esistenza del rapporto di lavoro con il dipendente/debitore. Dovrà comunicare anche l’importo della retribuzione in modo tale da poter calcolare la somma da pignorare.

A quanto ammonta la somma pignorabile

Secondo la Legge, la somma da pignorare corrisponde a percentuali differenti in base all’importo dello stipendio. Per retribuzioni fino a 2.500 euro si parla di 1/10 del totale; per stipendi fino a 5 mila euro la quota pignorabile corrisponde a 1/7; oltre i 5 mila la quota è di 1/5 del totale. Infine, è importante sapere che la tredicesima mensilità non è pignorabile.

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