Tasse, chi è disordinato e ha poca memoria rischia di pagare di più: la verità che non ti aspetti

Attenzione! Chi è disordinato e ha poca memoria rischia di pagare più tasse. Ma per quale motivo? Entriamo quindi nei dettagli e vediamo cosa c’è da sapere in merito.

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Famiglia, lavoro, tempo libero e chi più ne ha più ne metta. Sono davvero tante le cose a cui bisogna prestare continuamente attenzione. Proprio per questo motivo, alle prese con i vari impegni quotidiani, non stupisce che prima o poi possa capitare a chiunque di dimenticare qualcosa. Una situazione che si verifica molto più spesso di quello che si possa pensare.

Circostanza spesso non piacevole, in quanto si rischia in alcuni casi di dover fare i conti con degli inconvenienti. Ne sono un chiaro esempio le tasse. Questo in quanto chi è disordinato e ha poca memoria rischia di pagarne di più. Ma per quale motivo? Entriamo quindi nei dettagli e vediamo tutto quello che c’è da sapere in merito.

Tasse, chi è disordinato e ha poca memoria rischia di pagare di più: cosa c’è da sapere

La vita è ricca di imprevisti, tanto da poter portare, in alcune circostanze, a dover fare i conti con una gestione finanziaria particolarmente difficile. Lo sanno bene, purtroppo, coloro alle prese con una grave crisi finanziaria, tale da non riuscire a saldare alcuni debiti pregressi con il Fisco.

Proprio per questo motivo non stupisce che siano in tanti a cercare delle valide soluzioni grazie alle quali poter migliorare la propria situazione debitoria con il Fisco. Allo stesso tempo si invita sempre a prestare attenzione alle varie circostanze che ci vedono interagire proprio con l’Agenzia delle Entrate, al fine di evitare spiacevoli sorprese. Questo in quanto bisogna sapere che chi è disordinato e ha poca memoria rischia di pagare più tasse. Ma per quale motivo?

Ebbene, questo avviene semplicemente per il fatto che l’onere della prova spetta sempre al debitore. Quest’ultimo, infatti, deve dimostrare di aver effettuato il pagamento. Nel caso in cui, per via del disordine o della poca memoria, non si ricordi dove sia la ricevuta del pagamento, ecco che si rischia di dover pagare nuovamente quanto già versato, più ovviamente gli interessi. Una chiara dimostrazione, quindi, di come sia importante conservare le ricevute dei pagamenti, onde evitare di dover pagare più tasse del dovuto.

Tasse, attenti ai pagamenti arretrati: l’onere della prova spetta al debitore

A differenza di quanto si possa pensare, e soprattutto sperare, la notifica di un pagamento non effettuato può giungere anche dopo molti anni. Proprio per questo motivo, onde evitare spiacevoli inconvenienti, si consiglia sempre di conservare le ricevute di pagamento, onde evitare di dover effettuare nuovamente il pagamento di una tassa, nel caso in cui quest’ultima sia invece già stata pagata.

Un aspetto che non bisogna affatto sottovalutare, in quanto è bene ricordare che l’onere della prova spetta sempre e comunque al debitore. In base a quanto si evince dall’articolo 1218 del Codice Civile, riguardante la Responsabilità del debitore, infatti: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile“.

Ma non solo, come sottolineato dalla giurisprudenza, così come riportato da Investireoggi, Cassazione civile, SS. UU., 30 ottobre 2001, n. 13533: “Mentre il creditore deve provare il titolo costitutivo del rapporto e, se vi è un termine, che questo è scaduto, potendosi limitare ad allegare l’inadempimento, è il debitore a dover dimostrare di aver adempiuto ovvero che l’inadempimento non è a lui imputabile“.

Questo vuol dire che nel caso in cui si riceva una cartella di pagamento bisogna dimostrare di aver pagato oppure di non essere l’effettivo destinatario della richiesta. Una situazione, quest’ultima, che può ad esempio verificarsi in caso di omonimia.

Cartelle di pagamento, richiedere la sospensione e l’annullamento è possibile: ecco come

In caso di errore o se è già stato effettuato il pagamento, bisogna sapere che il destinatario della cartella può richiedere l’annullamento. A tal fine, ricordiamo, il debitore deve provvedere a contestare la cartella in questione presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha richiesto il pagamento, chiedendone appunto l’annullamento totale o parziale.

Nel caso in cui l’ufficio accerti l’illegittimità dell’atto in questione, allora deve provvedere a cancellare il debito. Ma non solo, nel caso in cui il soggetto richiedente abbia nel frattempo provveduto al relativo pagamento, ha diritto al rimborso. Se invece viene confermato il debito, allora è possibile rivolgersi alla Commissione tributaria provinciale per chiedere che venga annullato.

Se tutto questo non bastasse, ricordiamo che in base a quanto previsto dalla Legge di stabilità 2013, così come si evince dall’articolo 1, commi da 537 a 542, l’Agente di riscossione è obbligato “a sospendere immediatamente ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore“, attraverso la quale rende nota l’esistenza di una causa di inesigibilità della pretesa.

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Tale dichiarazione deve essere presentata, a pena di decadenza, entro novanta giorni dalla notifica del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa. Ma non solo, deve essere motivata, ovvero presentare documenti che attestino il motivo per cui non può essere richiesto dall’ente il relativo pagamento.

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