I lavoratori beffati in busta paga: nessun aumento per una categoria

Nessun aumento in busta paga per una categoria di lavoratori. L’inflazione continuerà a colpirli nei prossimi mesi. 

Il Governo non tutela una particolare categoria di lavoratori che rimarranno fuori dagli aumenti previsti in busta paga.

lavoratori busta paga
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Il Governo dimissionario è al lavoro per tentare di aumentare le ultime retribuzioni 2022 dei lavoratori. L’obiettivo nasce dall’esigenza di arginare gli effetti negativi che l’inflazione ha sul potere d’acquisto degli stipendi. La misura recentemente introdotta, il Bonus 200 euro, è servita per dare una boccata d’ossigeno ma servono interventi più efficaci e, soprattutto, strutturali. Se dal 1° gennaio 2023 le pensioni aumenteranno certamente grazie al meccanismo della perequazione, gli importi in busta paga rimarranno sempre gli stessi nonostante l’inflazione. In attesa di capire come si garantirà ai lavoratori di poter affrontare l’aumento del costo della vita ad anno nuovo, sappiamo come il Governo sosterrà i cittadini – o una parte di essi – fino a dicembre 2022. Si parla di un ulteriore taglio del cuneo fiscale che dovrebbe garantire aumenti di circa 200 euro.

Lavoratori beffati, chi non vedrà gli aumenti

Il taglio del cuneo fiscale non è una novità. È stato introdotto mesi fa dopo aver constatato l’aumento dei prezzi in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina. Si tratta di un taglio contributivo pari allo 0,8% che potrebbe raddoppiare come ulteriore aiuto alla popolazione. Beneficiari della prestazioni sono – e rimarranno tali – i lavoratori con retribuzione mensile inferiore a 2.692 euro ossia circa 35 mila euro all’anno con tredici mensilità.

Tutti i cittadini che lavorano e ottengono un reddito superiore a 35 mila euro, dunque, rimarranno fuori dall’intervento del Governo. Parliamo delle stesse persone che non hanno ricevuto il Bonus 200 euro dato anche tra i requisiti è rientrato lo stesso limite reddituale. Nessuna differenza tra chi guadagna 36 mila euro e chi 60 mila, il taglio del cuneo fiscale non li riguarderà.

Inflazione, salari e prezzi: il drammatico contesto

L’inflazione ha raggiunto il tasso dell’8,9% sottolineando un aumento di 7 punti percentuali in un anno. Tradotto in costi per le famiglie, l’Unione nazionale dei consumatori ha stimato una spesa a famiglia di 900 euro in più. Gli aumenti dei prezzi si fanno sentire in ogni settore dell’economia. Fare la spesa alimentare è diventata un’impresa – il taglio dell’IVA verrà introdotto? – poi ci sono gli acquisti degli altri beni di prima necessità, il carburante, le bollette di luce e gas.

Rincari su rincari, dunque, tranne sugli stipendi. Le retribuzioni rimangono suppergiù sempre le stesse riducendo notevolmente il potere d’acquisto. Il Governo Draghi ha tentato di arginare la perdita con il taglio del cuneo fiscale e il Bonus 200 euro ma servono interventi strutturali. Dato che i fondi a disposizione non sono molti, l’esecutivo ha concentrato l’attenzione sulle famiglie con redditi più bassi. La mossa è comprensibile ma il limite di 35 mila euro è corretto?

C’è perplessità tra i lavoratori

Per quanto sia comprensibile e giusto che vengano aiutati in primis i lavoratori dai redditi meno elevati, la soglia dei 35 mila euro genera perplessità. Anzi, a creare maggiori dubbi è la differenza netta tra chi rientra nel limite e chi lo supera anche di un euro. Le stesse problematiche di lotta all’inflazione riguardano chi ha uno stipendio inferiore a 2.692 euro e chi lo ha di 2.693 euro. Diverso il discorso per chi ha un reddito superiore a 55 mila euro. Di conseguenza, dovrebbe essere introdotto un sistema di aiuti progressivo che possa garantire un importo totale per chi ha stipendi bassi per poi ridursi progressivamente fino ad azzerarsi per i redditi più elevati.

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