Rinunciare al Reddito di Cittadinanza non conviene: lavorando si perdono soldi, lo dice l’Inps

Percepire il Reddito di Cittadinanza significa avere un’entrata maggiore di 1 lavoratore su 4. Il rapporto annuale dell’INPS pronto a scatenare l’inferno.

L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale lancia l’allarme, 1 lavoratore su 4 ha una retribuzione inferiore al Reddito di Cittadinanza.

reddito di cittadinanza
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La situazione economica in Italia è pessima e destinata ad un ulteriore peggioramento a causa dell’inflazione. Il costo della vita non è sostenuto da stipendi e pensioni adeguate e un numero troppo alto di persone si trova sotto il limite della soglia di povertà. Il problema nasce quando i cittadini che lavorano percepiscono retribuzioni inferiori rispetto agli aiuti statali dedicati ai disoccupati apparentemente in cerca di un’occupazione. Chi mai rinuncerà al Reddito di Cittadinanza, soldi facili e sicuri che non richiedono la sveglia all’alba o il pendolarismo, per un’occupazione dalla bassa retribuzione? L’allarmante quadro è descritto alla perfezione nel rapporto annuale dell’INPS.

Rinunciare al Reddito di Cittadinanza, per quale motivo?

Il rapporto annuale INPS parla chiaro. Il 23% dei lavoratori guadagna meno di chi percepisce il Reddito di Cittadinanza e 1 pensionato su 3 vive con meno di 1.000 euro al mese. La distribuzione dei redditi sta assumendo forme paradossali arrivando al punto in cui un lavoratore percepisce meno di una persona mantenuta dallo Stato. Più di 3,3 milioni di dipendenti in Italia hanno un contratto che prevede una retribuzione inferiore a 9 euro all’ora – cifra minima limite per un auspicabile salario minimo – con il 23% dei lavoratori che guadagna meno di 780 euro al mese. Una buona parte di questi, poi, non arriva ad equiparare l’importo del Reddito di Cittadinanza ossia 548 euro.

Emerge dal rapporto, poi, un altro dato eclatante. Un pensionato su tre percepisce una pensione inferiore a mille euro. Parliamo del 32% di 5 milioni e 120 mila persone. La situazione non migliorerà per i nati tra il 1965 e il 1980 che percepiranno a 65 anni una pensione media di 750 euro. E di generazione in generazione sarà sempre peggio.

Le donne tra le categorie più svantaggiate

L’INPS sottolinea una considerazione ben nota a tutti. Le donne percepiscono retribuzioni inferiori rispetto agli uomini e nonostante le pressioni affinché il divario diminuisca, la differenza rimane del 25%. Tra il 2021 e il 2022 nessun passo in avanti è stato fatto e la diversità di genere persiste.

Da notare, infatti, come le donne rappresentino il 52% del totale dei pensionati in Italia ma ricevano solamente il 44% dei redditi pensionistici. Agli uomini sono assegnati 175 miliardi di euro, alle donne solo 137 miliardi con una differenza del 35% circa. L’inflazione, ora, continuerà a peggiorare questa situazione ma non dimentichiamo che anche la pandemia ha frenato la spinta verso un’uguaglianza di genere.

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