Imu: cosa succede se non viene pagato per colpa del commercialista

Alle volte può capitare di non pagare l’Imu per degli errori in sede di dichiarazione dei redditi. A cosa si va in contro in questi casi? 

La mancata corresponsione può essere frutto di disattenzioni da parte dei commercialisti o dei Caf a cui ci si affida. Quali responsabilità hanno in questi casi.

Imu
Fonte Adobe Stock

La dichiarazione dei redditi è una pratica piuttosto delicata che va redatta minuziosamente onde evitare di attirare l’attenzione dell’occhio vigile dell’Agenzia delle Entrate. Per questo ci sia affida spesso ad un commercialista di fiducia o ad un Caf, i quali possono aiutare a sbrigare la pratica nel migliore dei modi.

Importante è l’inserimento di tutti i documenti necessari tra i quali codici fiscali, documenti d’identità, informazione sugli immobili di loro proprietà, Cud e ricevute delle varie spese da detrarre. 

Imu non inserito nella dichiarazione dei redditi: cosa succede

In questa sede ci concentreremo in particolar modo sulla questione delle proprietà immobiliari e il conseguente pagamento dell’IMU. Qualora venga omessa erroneamente qualsiasi genere di comunicazione in tal senso si “rischia” di non pagare il tributo riguardante il possesso della casa.

Eventuali errori di calcolo o di errata immissione dei dati sono a carico del consulente che ha espletato la pratica. Quindi, laddove il contribuente si ritrovasse a dover pagare una sanzione a causa di una dichiarazione errata, può chiedere il rimborso della sanzione e della metà degli interessi corrisposti. Ad ogni modo ogni situazione va analizzata singolarmente per capire il reale andamento dei fatti.

Questo però avviene quando viene realmente appurato che la colpa sia del commercialista incaricato alla pratica. Tra gli altri errori tipici che possono portare a queste situazioni piuttosto rognose ci sono l’aggiornamento dei dati sui familiari a carico, l’affitto e il riferimento alle imposte dovute.

Le dichiarazioni inviate prima del 30 settembre 2022 possono essere comunque modificate e corrette inviando una dichiarazione correttiva entro il 25 ottobre dello stesso anno. In questo modo si possono scongiurare pesanti e rognose sanzioni. L’alternativa è inviare dichiarazioni integrative negli anni successivi, accettando però il pagamento di una penale, che può essere anche nulla nel caso sia a credito.

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