La Patrimoniale c’è ma (forse) non si vede: ecco quanto bisogna pagare

L’imposta Patrimoniale comunemente intesa, non si vede da tempo. Tuttavia, lo Stato non è indifferente alle risorse finanziarie dei risparmiatori.

Tassa patrimoniale
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Convenzionalmente, viene considerata la tassa dei tempi più duri. L’extrema ratio in caso di situazioni economiche particolarmente difficili per un Paese che, per questo, porta il sistema fiscale a mettere gli occhi sulle risorse finanziarie dei contribuenti. La tassa patrimoniale in senso stretto non si vede da trent’anni. L’ultima (il prelievo del 6 per mille dai conti correnti bancari) fu infatti applicata nel 1992, all’epoca del Governo Amato. Da allora, lo Stato ha scelto di agire tramite un piano di tassazione differente, comunque in alcuni casi riconducibile al concetto originario della patrimoniale. In questo senso, fanno fede le imposte di bollo applicate sui conti dei cittadini superiori a 5 mila euro.

Non solo, naturalmente. Anche l’Imu sulla casa può essere considerata alla stregua di una patrimoniale. E per chi è tenuto a versarla, di fatto si è sborsata cifra doppia vista la corrispondenza a dicembre proprio dell’Imposta municipale. Eppure non è tutto qui. All’orizzonte, infatti, si staglia l’ennesima stangata, per un valore pari allo 0,2% su strumenti finanziari quali fondi, Etf, azioni e obbligazioni varie. Un’imposta di bollo, in pratica, applicata sul deposito titoli e nella misura dello 0,2% sul valore patrimoniale complessivo (dal punto di vista finanziario) di ogni singolo risparmiatore che li avesse attivi.

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Patrimoniale invisibile, come si applica sui depositi

Un esempio molto semplice riguarda i Btp al 31 dicembre 2021. Chi dovesse possederne per un totale di 100 mila euro investiti, la percentuale dello 0,2% corrisponderebbe a 200 euro da versare allo Stato. Un funzionamento del tutto speculare a quello dell’imposta di bollo, considerando che sarà la banca stessa (o altro ente creditizio) ad agire come sostituto d’imposta, prelevando la somma direttamente dalle risorse finanziarie in questione. Si tratta di una di quelle tasse consuete ma scarsamente considerate proprio per la loro natura. Applicata fin dal 2012 (introdotta col decreto Salva Italia) per tutti gli strumenti finanziari, dagli Etf fino ai fondi comuni, si paga annualmente anche se diverse banche utilizzano un’opzione di ripartizione trimestrale.

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L’aumento è stato progressivo. Il Governo Monti aveva inizialmente stabilito un prelievo dello 0,10%, aliquota poi aumentata fino a raggiungere l’attuale 0,20%. Il sistema di calcolo è basato sui valori stessi degli strumenti finanziari alla data del 31 dicembre di ogni anno. E questo riguarda ogni risparmiatore che dovesse averne attivi uno o più di uno. Una volta ottenuto l’estratto conto dei depositi titoli, il quale verrà poi inviato al risparmiatore, sarà determinata la base imponibile sulla quale applicare l’imposta. In caso di invio del rendiconto una volta l’anno, farà fede l’importo al momento della comunicazione. Qualora sussista il frazionamento, l’imposta di bollo si applicherà al periodo rendicontato. In un modo o nell’altro, alla patrimoniale “invisibile” non si sfugge.

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