La dipendente non si vaccina, l’azienda non la paga: cosa ha deciso il Tribunale

L’azienda torna al lavoro in presenza ma lei decide di non vaccinarsi. I giudici danno ragione ai suoi datori di lavoro che le hanno sospeso la paga.

Licenziamento vaccino
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Non vaccinata e, per questo, rimasta a casa dal lavoro. La decisione della sua azienda non è stata estemporanea, ma presa a seguito di una precisa disposizione aziendale e, soprattutto, supportata dal Tribunale di Roma. Una sentenza frutto di un contenzioso fra una dipendente e la società presso la quale è impiegata da tempo, la quale ha deciso di tenerla a casa e senza paga a seguito del suo rifiuto alla somministrazione del vaccino anti-Covid. Un requisito essenziale per l’azienda che, a partire dal mese di luglio, ha deciso di riprendere la propria attività in presenza, previo esame medico obbligatorio per i lavoratori.

La dipendente in questione, oltre a risultare idonea a patto di non sollevare pesi superiori a 7 chilogrammi, si sarebbe rifiutata di sottoporsi alla vaccinazione contro il coronavirus, così come scritto dal medico nel suo referto. A seguito di questo, la società ha comunicato alla lavoratrice che sarebbe stata sospesa, poiché non idonea a stare a contatto con i propri colleghi di lavoro. Inoltre, non essendo più prevista l’attività di smartworking, alla donna è stato comunicato che non avrebbe più percepito lo stipendio.

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Sospesa senza paga: perché il Tribunale ha dato ragione all’azienda

La decisione dell’azienda, basata sia sulle direttive interne che sulla valutazione medica, è stata ritenuta ingiusta dalla dipendente. La quale, in pratica, potrà essere riammessa al lavoro solo nel momento in cui deciderà di sottoporsi al ciclo vaccinale. O nel caso in cui le decisioni dell’Italia in merito siano diverse. Uno stato di cose che, se da una parte ha incontrato le reticenze della lavoratrice, non ha invece incontrato il dissenso dei giudici. Secondo il Tribunale, infatti, “dall’organigramma non risultano posizioni lavorative confacenti alla professionalità” della donna e, per questo, non c’è possibilità di impiegarla altrove.

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Inoltre, spiegano sempre i giudici, la decisione aziendale non costituisce un provvedimento disciplinare. Anzi, la sospensione è ritenuta giusta poiché ritenuta una forma di tutela degli altri dipendenti e dei clienti. In sostanza, la dipendente non favorevole al vaccino sarebbe in un limbo. Dal quale uscire solo col vaccino o con la regressione quasi totale della pandemia. Anche la decisione di stoppare la paga, secondo i giudici, è da ritenere corretta, poiché “la protezione e la salvaguardia della salute dei clienti rientrano nell’oggetto della prestazione lavorativa“.

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