Addio privatizzazione: dopo 22 anni Autostrade cambia rotta

Si chiude un ventennio e oltre di gestione privata per Autostrade: i soci di Atlantia dicono sì all’offerta del consorzio di Cassa Depositi e Prestiti.

Autostrade governo
Foto di Free-Photos da Pixabay

Un tentativo lungo ventidue anni. Alla fine, tre anni dopo il disastro del Ponte Morandi, Autostrade per l’Italia torna in mano pubblica. Una decisione arrivata con l’ok condiviso dei soci della holding Atlantia, controllata dalla famiglia Benetton. Si chiude così l’esperienza di privatizzazione iniziata nel 1999 con il passaggio della società facente capo all’Iri sotto il controllo della società Schemaventotto, della quale faceva parte al 60% Edizione Partecipations di Gilberto Benetton. Autostrade, così com’era la sua formazione attuale, risale al 2003. Non una vita ma un lasso di tempo abbastanza lungo per mettere in conto un bagaglio piuttosto ampio di esperienze.

Il via libera è arrivato con la convergenza dei soci Atlantia sulla vendita dell’88,06% di Autostrade per l’Italia al consorzio di Cassa Depositi e Prestiti, partecipato anche dai fondi stranieri Macquarie e Blackstone. In termini numerici, si parla di unanimità sfiorata: circa l’87% del capitale che ha preso parte alla votazione ha dato il suo assenso alla cessione, capitalizzando una trattativa iniziata praticamente un anno fa (luglio 2020). Un momento particolarmente delicato allora, con l’accordo paracadute che permise di evitare la recvca della concessione (scadenza 2038).

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Addio privatizzazione: Autostrade e il ritorno in mano pubblica

Il crollo del Ponte Morandi, con tutte le sue drammatiche implicazioni, aveva imposto una riflessione. Nei quasi tre anni trascorsi, il contenzioso con il governo non si è praticamente mai fermato e lo spettro della revoca della concessione è stato avanzato più volte come conseguenza. Una questione che, tuttavia, non è mai andata oltre, anche in virtù del rischio di un indennizzo da riconoscere alla società detentrice della maggioranza. Una sterzata era arrivata con il decreto Milleproroghe, che aveva certificato come, in caso di revoca, fosse riconosciuto il subentro di Anas.

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Restando all’intesa, l’ok è arrivato anche dal fondo Tci (10% del capitale). Praticamente la sola Lazard non ha ritenuto congrua l’offerta degli acquirenti pubblici (oltre 9 miliardi). Il prossimo 10 giugno verrà formalizzata dal board di Atlantia ed entro fine mese tutto dovrebbe essere andato in porto. Il corrispettivo sarà attorno agli 8 miliardi (4,5 quelli di debito per Atlantia), mentre il miliardo e poco di più di disavanzo dovrebbe coprire la spesa necessaria per rilevare il 12% di Autostrade gestito dagli investitori esteri.

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