Crisi Covid, Confesercenti: “Serve un Decreto Imprese. Tempestività o sarà l’ecatombe”

Aiuti a singhiozzo, scarsa programmazione per la stagione turistica e attesa di nuove risorse. Il periodo nero del Covid prosegue. Confesercenti risponde a Contocorrenteonline.

Crisi Covid Confesercenti
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Fine aprile, un nuovo scostamento di bilancio atteso, nuova tranche di bonus partita in parte e un quadro complessivo che parla ancora la lingua dell’emergenza. E’ uno scenario complesso quello che avvicina l’Italia alla stagione estiva, nonostante il piano di riaperture che partirà il prossimo 26 aprile. Sulle spalle dei lavoratori, infatti, continuano a pesare il lungo periodo di stop e, soprattutto, le incognite dell’immediato futuro. La promessa di una ripartenza si scontra con la paura di una nuova ricaduta. Quella che, in teoria, la campagna vaccinale dovrebbe accantonare. La verità è che di incognite ne restano fin troppe: dall’entrata “a tratti” dei ristori all’assenza di una programmazione adeguata per la stagione turistica. Gli strascichi del Covid colpiscono ancora, specie categorie più esposte come autonomi e Partite Iva. Coloro che sono scesi in piazza a protestare e che ora attendono la nuova fase. Contocorrenteonline ne ha parlato con Confesercenti.

 

Con il Decreto Sostegni sono stati immessi contributi per cercare di tamponare le nuove chiusure disposte a seguito dell’andamento dei contagi. Alcune categorie di lavoratori hanno già manifestato il proprio dissenso, sia per gli stop che, in alcuni casi, per la somma degli stanziamenti. Ritenete che il nuovo scostamento di bilancio sia sufficiente per garantire la sopravvivenza delle imprese più in difficoltà?
“Siamo in attesa di capire nel dettaglio quali e quante risorse saranno dedicate alle imprese. Come abbiamo ribadito in occasione della mobilitazione organizzata da Confesercenti in tutta Italia lo scorso 7 aprile, abbiamo bisogno di un Decreto Imprese, dedicato solo alle attività economiche. Degli oltre 140 miliardi di euro di scostamenti realizzati fino ad ora, solo 22 miliardi sono stati utilizzati per ristori ed indennizzi delle imprese, arrivati a rate, e non a tutti, in cinque provvedimenti diversi nel corso di 14 mesi”.

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Come leggere le proteste dei ristoratori dei giorni scorsi? C’è il rischio di un’esasperazione del disagio sociale?
“E’ emersa l’esasperazione, la preoccupazione, il sentirsi considerati poco o nulla, la voglia di manifestare il proprio disagio. Certamente, però, non ci si può muovere fuori dai limiti e dal rispetto delle regole: gli episodi di violenza, oltretutto, hanno spostato l’attenzione dai problemi delle imprese. La pandemia da Covid-19 ha messo in ginocchio il tessuto produttivo del Paese e le attività di vicinato, quelle del terziario, del turismo, la ristorazione, i bar, sono quelle che hanno pagato il prezzo più alto”.

Cosa si rischia?
“A queste imprese è stato chiesto di chiudere per decreto, per garantire la salute pubblica, senza però avere sostegni adeguati per riuscire a reggere il colpo: ne abbiamo già persi 269mila tra autonomi e partite Iva. E purtroppo, di questo passo, stimiamo che ci siano altre imprese a rischio chiusura, circa 250mila nei settori che rappresentiamo. La situazione è drammatica, quattordici mesi di restrizioni o, addirittura, di chiusura totale, hanno inciso pesantemente: il Governo deve agire tempestivamente o sarà un’ecatombe”.

Confesercenti: “L’industria turistica rischia di uscire decimata dal Covid”

Ritenete sufficiente un decreto che vada a raggruppare tutte le categorie di lavoratori oppure, ora come nei mesi scorsi, sarebbe stato opportuno un decreto mirato per alcuni settori?
“Sì, lo ribadiamo con decisione: serve un decreto mirato per questa tipologia di imprese, con sostegni adeguati e immediati. I costi fissi sono andati avanti e le imprese non hanno più la forza di fronteggiare con le proprie risorse tutte le spese. Inoltre, serve un credito mirato per far arrivare le imprese vive e vitali alla ripartenza, insieme ad un piano chiaro per riaprire in sicurezza, sul modello inglese, e ad una accelerazione del piano vaccini”.

La programmazione della stagione turistica sta inevitabilmente risentendo dell’andamento dei contagi. Le imprese turistiche, come le altre correlate, hanno subito una nuova lunga frenata: le misure adottate fin qui, considerando i vari decreti, sono sufficienti per una ripartenza?
“Siamo davanti ad una crisi del settore senza precedenti, con una stagione turistica estiva alle porte ma senza segnali di certezza: da un nostro recente sondaggio condotto da Swg per Assoturismo Confesercenti emerge che le prenotazioni, che pure avevano dato qualche segnale di vitalità ad inizio anno, soprattutto per le mete balneari, si sono completamente bloccate. E nonostante il 44% degli italiani voglia organizzare una vacanza per questa estate, solo il 5% dichiara di aver già prenotato. Ma a questo si aggiunge un ulteriore 17% – circa 6 milioni di persone – che vorrebbe prenotare ma aspetta di capire l’evoluzione della situazione. Senza un piano di sostegno, l’industria turistica, nel suo complesso, rischia di uscire decimata dalla crisi innescata dal Covid”.

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C’è il rischio che il binomio limitazioni-riaperture limiti la ripresa dell’indotto delle aree turistiche?
“Senza una vera programmazione non potrà esserci una reale ripartenza turistica. Inoltre, i contributi a fondo perduto erogati fino ad ora alle imprese per sostenere l’impatto della crisi si sono rivelati del tutto insufficienti ed anche i tempi di erogazione hanno subito gravi ritardi. Ed anche il nuovo provvedimento ha una dotazione di risorse del tutto insufficiente: calcoliamo che sarà sufficiente per un ristoro medio di circa 3.700 euro ad impresa. Sommando ristori e sostegni, le risorse destinate alle imprese mediamente non superano il 7% del volume di affari perso, e non sono sufficienti a coprire nemmeno i costi fissi e le spese di gestione”.

A che punto è il dibattito sui vaccini nelle imprese? E’ una strada percorribile rispetto alle strategie della campagna vaccinale e alle dosi al momento disponibili?
“Certamente è meno semplice per le piccole attività, visto che i costi economici e organizzativi non sono banali”.

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