La crisi aumenta ma i ricconi pure: il paradosso della pandemia

Nonostante la situazione drammatica a livello economico, i paperoni aumentano: 600 in più rispetto allo scorso anno. Ecco perché sono cresciuti in pandemia.

Pandemia ricchi
Foto di 3D Animation Production Company da Pixabay

Chissà cosa vedremo a pandemia finita. Magari fra qualche anno, quando si potrà guardare indietro e capire effettivamente cosa ha lasciato in termini economici e sociali la grave pandemia he stiamo attraversando. Anche perché di cose a cui pensare ne sta lasciando il coronavirus, e non solo in termini sanitari. C’è un risvolto piuttosto curioso in relazione a quanto stiamo vivendo, che pone crisi e crescita in un’antitesi probabilmente vista solo in tempi bellici, quando l’industria pesante era stimolata alla produzione di armamenti e la popolazione soffriva, tra fronte e conseguenze della guerra.

Niente di tutto questo stavolta. A proliferare, e l’abbiamo detto tante volte, è il mondo della tecnologia, implementato per necessità (smartworking e dad sono solo gli esempi più clamorosi) e arrivato a livelli che, probabilmente, fino a poco tempo fa nemmeno si riteneva possibile raggiungere così in fretta. La necessità fa virtù, e ok, ma a ridere in questo caso non sono esattamente tutti. Le società regine del mondo tech volano, chi era già ai vertici della ricchezza mondiale aumenta il proprio patrimonio e in graduatoria si fanno posto nuove personalità, capaci di cavalcare lo tsunami e rendere il disastro un’occasione di sviluppo.

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La crisi aumenta ma i ricconi pure: la classifica nell’anno della pandemia

E’ la rivista Forbes a tracciare il quadro. Ben 2.755 miliardari girano nel mondo, addirittura 660 in più rispetto allo scorso anno. Strano? Non molto se si considera quanto detto fin qui. Le piattaforme di e-commerce hanno ingrossato il loro giro d’affari durante il lockdown, quando erano di fatto le uniche a lavorare a tempo quasi pieno. E anche altri settori, come quello dello sviluppo tecnologico, hanno allargato a dismisura prodotti e produzioni, potenziando ciò che c’era e sviluppando nuovi software utili al nuovo stile di vita forzato. Lo stay-at-home ha favorito aziende orientate alla creazione di applicazioni informatiche, andate per la maggiore nell’ultimo anno. Creando di fatto una nuova branca potenzialmente remunerativa per chi vi si era già inserito.

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Davanti a tutti ci sono gli americani. Per il quarto anno di fila c’è Jeff Bezos in cima alla lista dei paperoni, con i suoi 177 miliardi di dollari. Incalza però Elon Musk: il patron di Tesla e Space X vola a 151 miliardi e si candida a diventare di qui a breve l’uomo più ricco del mondo. Specie se le azioni di Tesla dovessero continuare a salire a ritmo di cavalleria. Terzo posto per Bernard Arnault e la sua LVMH, 150 miliardi. Subito dietro due must come Bill Gates (Microsoft) con 124 miliardi di dollari e Mark Zuckerberg: il creatore di Facebook si attesta in quinta posizione con 97 miliardi di dollari. Aumentano in lista i miliardari cinesi e di Hong Kong, presenti in classifica con 698 miliardi complessivi. Ancora ragguardevole la distanza con i miliardari Usa: 724 miliardi di dollari in totale. Nonostante chi, come Donald Trump, arranca in coda: 2,4 miliardi di dollari, 300 posizioni in meno. Ma per gli States fa poca differenza.

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