Suez, fra commercio e geostrategia: cosa (e quanto) lascia il caso Ever Given

L’incidente della Ever Given ha prodotto effetti economici ma anche ricordato l’importanza strategica del Canale di Suez. Dove una crisi si era vissuta già.

Ever Given Suez
Photo by Mahmoud Khaled/Getty Images

Finita la crisi, è ora di fare i conti. Per chi non li ha già fatti si intende. La Ever Given è stata liberata dalla sua prigione di sabbia, ed è stato liberato anche il Canale di Suez, consentendo a centinaia di navi di sollevare le ancore, riaccendere i motori e cercare di recuperare il tempo perduto. Sperando che, alla fine della fiera, il conto non sia troppo salato. Perché se il taglio dell’istmo di Suez ha un’importanza così rilevante un motivo ci sarà.

E, come spesso succede, il motivo è economico: il Canale è l’unica strada (marittima) che consente alle navi cargo di risparmiarsi la circumnavigazione dell’Africa. Una rotta da sogno all’epoca delle scoperte geografiche. Un tremendo dispendio di tempo e di costi nell’era della globalizzazione, in cui la rapidità degli scambi commerciali è essenziale. L’incidente della nave appartenente alla compagnia Evergreen e battente bandiera panamense (altro Paese noto per un importante canale, porta fra i due oceani) ha paralizzato per giorni il traffico nello stretto di Suez, costringendo i mercantili a sostare in attesa che i rimorchiatori riuscissero a disincagliarla.

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Va tenuto presente che i mezzi usati sono quanto di meglio la tecnologia navale è in grado di offrire: rimorchiatori dalla forza propulsiva in grado di muovere qualche migliaio di tonnellate (fra i quali l’italiano “Carlo Magno”), e ne sono stati necessari quasi una ventina per muovere il gigante da 400 metri di lunghezza e 200 mila tonnellate di peso. Un mostro di acciaio e lamiere, posto di traverso sulla più importante via di comunicazione navale al mondo. Un danno sensibile per l’economia, nonostante il tutto si sia risolto tutto sommato in pochi giorni. E fortuna ha voluto che il periodo dell’anno abbia leggermente contenuto i costi.

Ma non è solo una questione economica. E’ vero che l’interruzione della via di navigazione ha rappresentato un sensibile danno per il commercio mondiale. Al quale il nostro Paese non è sfuggito (secondo il Centro Studi di Intesa Sanpaolo gli impatti andranno calcolati sugli scambi con i Paesi asiatici, stimati nel 2020 in 82,8 miliardi di euro). Ma è altrettanto vero che l’importanza strategica del Canale di Suez è emersa come non mai mentre i rimorchiatori e gli escavatori cercavano di togliere poppa e prua della Ever Given dalla banchina.

Suez, fra commercio e geostrategia: le due crisi del Canale

Dal 1869, ovvero dalla sua inaugurazione (i lavori terminarono due anni prima), il Canale ha rappresentato uno dei punti cruciali sul planisfero. Uno degli snodi commerciali essenziali e, per questo, il più appetibile per le potenze internazionali. Geograficamente, il Canale è sotto bandiera egiziana poiché, tagliando l’istmo che separa l’Egitto continentale dalla Penisola del Sinai, rientra appieno nei confini politici del Cairo. E proprio l’Egitto, tramite il presidente al-Sisi, non ha atteso a rivendicare di aver svolto la stragrande maggioranza del lavoro per disincagliare la Ever Given e far riprendere la circolazione.

La guerra dei Sei giorni

Un atteggiamento che la dice lunga sull’importanza del Canale e sul suo ruolo a livello geo-strategico. Niente di nuovo se si pensa a quel che accadde nel 1956, quando la decisione dell’allora presidente egiziano Nasser di nazionalizzarlo portò quasi a sfiorare una guerra. Ad appena una decina d’anni dalla fine del Secondo conflitto mondiale. All’epoca, il Regno Unito deteneva il 44% del controllo sul Canale e, affiancato da Israele e Francia, mobilitò unità militari fra Suez e la Penisola del Sinai, occupata poi dalle forze di Tel Aviv e protagonista della cosiddetta Guerra dei Sei giorni.

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Per paradosso, considerando che anni erano, la crisi si risolse con Stati Uniti e Unione Sovietica che mediarono per la pace. E con l’Urss che, per la prima volta, paventò la possibilità di schierarsi accanto ai marines. Fatto sta che l’invasione del Sinai rese la crisi di Suez uno dei pochi eventi della guerra fredda in grado davvero di destabilizzare la pace post-bellica. Come a dire che le vie commerciali, come sempre accaduto, sono fonte di ricchezza ma anche depositarie del delicato equilibrio mondiale. Con l’intoppo della Ever Given, primo incidente successivo al raddoppio del Canale voluto dall’Egitto nel 2015, il danno è stimato in qualche miliardo di dollari. Un effetto di destabilizzazione imprevisto e di cui, in tempi di crisi economica, non c’era bisogno.

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