La truffa “nigeriana”, l’ultima pericolosa pensata dei pirati del web

Una truffa ben architettata e che induce all’errore fatale l’80% delle vittime. Ecco come riconoscerla.

Truffa pirati web
Foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay

Il sistema truffe non conosce bandiere. Anzi, se fossimo indietro di qualche secolo probabilmente sventolerebbe il Jolly Roger. Ma visto che non siamo nell’età d’oro della Filibusta, i trucchi invisibili (ma tremendamente efficaci) del web si raggruppano sotto un vessillo fatto di processori e algoritmi. E, magari, della convinzione di saperne di più delle vittime, quel tanto che basta per prendersene gioco. E per prendersi i loro soldi naturalmente. L’ultima novità, in questo senso, sono i siti di aste online, diventate una vera e propria Tortuga dei pirati informatici.

Succede, infatti, che alcuni ignoti abbiano messo in piedi una truffa cosiddetta “nigeriana” (non per i responsabili ma perché lo Stato nigeriano è stato chiamato più volte in causa come destinazione di spedizione dei prodotti). Lo scopo è intrufolarsi nei sistemi bancari e fare man bassa. Una truffa molto ben elaborata, che consente persino di “scegliere” il modo in cui essere frodati. Il trucco non si nota subito ma il metodo per riconoscerlo c’è. E inizia proprio dal metodo di pagamento.

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I pirati informatici, viaggiando su siti come Subito.it o lo stesso Ebay, rispondono a delle offerte, proponendosi di pagare subito ma affermando di non poterlo fare tramite Paypal. A questo punto offrono una scelta: bonifico bancario o PostePay. La truffa scatta nel momento in cui si sceglie il bonifico. E, paradossalmente, proprio nel momento in cui il “cliente” chiede garanzie su prezzo, annuncio e altri dettagli. Un secondo campanello d’allarme scatta quando viene rivelata la destinazione.

La truffa “nigeriana”, l’ultima pericolosa pensata dei pirati del web: come riconoscerla

Spesso, infatti, si tratti di Paesi molto lontani (Nigeria appunto, ma anche Costa d’Avorio e addirittura Cile). Tutto sembra comunque procedere bene: nome, cognome, Iban, indirizzo… tutti dettagli richiesti ma normali. Tuttavia, vengono richiesti anche carta d’identità o tessera sanitaria, “ufficialmente” per motivi di ulteriore sicurezza. Dopodiché arriverà una mail con il logo di un vero istituto di credito che ci accrediterà più del dovuto, almeno 250 euro. Tutto regolare all’apparenza: il compratore ha spedito il denaro necessario per pagare il dazio ma la “banca”, quando chiamerà, specificherà che questo andrà pagato subito.

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La conversazione diventerà un alterco, con minaccia di denuncia o segnalazione internazionale per frode, con tanto di (finta) lettera inviata via Whatsapp. Ecco, questo è proprio il momento di non farsi prendere dal panico. Riagganciare subito e bloccare il numero che chiama è la soluzione. Per chi cede, invece, lo scenario è brutto: viene proposta una soluzione di mezzo, l’invio del denaro per il “dazio” attraverso metodi più rapidi. Chi cede non rivedrà più i propri soldi, in quanto il conto fittizio viene chiuso subito dopo. Nel frattempo, i nostri estremi sono finiti in mano a chissà chi. Fare attenzione massima.

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