Interviene la Cassazione: stop alla detrazione Imu se i coniugi non risiedono abitualmente e anagraficamente nello stesso immobile.
Niente esenzione Imu per le seconde case “vestite” da prime. Con l’ordinanza 28534 del 15 dicembre, la Cassazione ha accolto il ricorso del comune in cui una coppia di coniugi viveva nella medesima abitazione nonostante la residenza in città diverse. Un caso, nella fattispecie, per il quale non sarà valida l’esenzione Imu. La quale, in sostanza, sarà valida esclusivamente per le coppie coniugate in cui sia il marito che la moglie risultino residenti nella stessa casa. Non basterà più, quindi, trasferire la residenza di uno dei due, in quanto sarà necessario che entrambi abitino nel medesimo immobile.
Un giro di vite che, peraltro, arriva nel giorno in cui cade la scadenza della seconda rata dell’Imu 2020. Deadline che non interessa quei contribuenti che godono già dell’esenzione, prevista dai decreti Agosto e Ristori, stilati in virtù dell’emergenza coronavirus.
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Esenzione Imu, stretta sulle seconde case: via libera solo se i coniugi risiedono nella stessa abitazione
Abitazione principale che, normativamente, costituisce l’immobile iscritto (o iscrivibile) nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare. Perché risulti tale, quindi, il possessore e gli altri componenti devono dimorarvi abitualmente e, nondimeno, esservi residenti anagraficamente. Sotto tale dicitura rientrano anche le case familiari assegnate al genitore affidatario dei figli, previo provvedimento del giudice. Per il versamento dell’Imu, previsti i modelli F24 con gli specifici codici di tributo.
Per quanto riguarda la detrazione prevista per le abitazioni principali, i contribuenti dovranno provare come questa risulti l’abitazione abituale di residenza sua e dei suoi familiari. Dovesse tale requisito risultare esclusivamente per il primo, la detrazione perderebbe validità.