Facebook e Brexit, il binomio che spaventa la privacy britannica

Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, il social network risponderà solo alla normativa di Londra. Ma potrebbe cambiare più di quanto non sembri.

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Del biglietto da visita di Cambridge Analytica ne avrebbe fatto volentieri a meno il brand Facebook. Ma da qui a pensare che con un dossier sul riassetto delle relazioni internazionali fra due soggetti come Regno Unito e Unione europea possa scombinare le normative sulla privacy nel web ce ne corre. Eppure, l’affare Brexit potrebbe in qualche modo coinvolgere gli utenti del pioniere dei moderni social network.

Il problema è legato nella natura stessa delle trattative. Il Garante della privacy ha già avanzato le sue perplessità circa la possibilità che la Brexit possa retrocedere da alcune normative vigenti in Europa in merito alla tutela di dati sensibili. Il che, in qualche modo, esporrebbe gli utenti Facebook della Gran Bretagna a maggiori rischi rispetto agli ex concittadini europei.

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Facebook e Brexit, il binomio che spaventa la privacy britannica: non cambia nulle ma…

Nulla di drammatico ma, rispetto a una normativa vigente comune per i Paesi comunitari, per Londra potrebbe cambiare qualcosa. Anche perché, non trattandosi di una società britannica, Facebook avrebbe facoltà di adottare regolamenti differenti rispetto ai dettami europei. Uniformandosi, di fatto, esclusivamente al sistema di protezione dati vigente nel Regno Unito, il Uk Data Protection Act.

A tracciare un quadro parziale della situazione è il distaccamento isolano di Facebook. Il quale spiega che la società, “come altre aziende, ha dovuto apportare dei cambiamenti per rispondere alla Brexit e trasferirà le proprie responsabilità e obblighi legali verso gli utenti britannici da Facebook Ireland a Facebook Inc. Non ci saranno cambiamenti sui controlli di privacy o sui servizi che Facebook offre alle persone nel Regno Unito”.ù

Parole che sembrano rassicurare gli utenti ma, in qualche modo, delle novità ci saranno. Niente di simile a Cambridge Analytica, che a causa di un errore espose i dati di 87 milioni di utenti. Ma, sulla falsa riga di quello scivolone, in caso di presunte attività illegali, un governo americano potrebbe chiedere dati di utenti britannici per svolgere accertamenti.

Il punto, secondo l’associazione Open Rights Group, è che “più grandi sono le aziende e più dati personali conservano, più è probabile che siano sottoposte a doveri di sorveglianza o a richieste di cessione dei dati al governo statunitense”.

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