Opzione Donna e riforma pensioni, le richieste dei sindacati sono state disattese? Ecco cosa ha fatto il governo

Opzione Donna, nelle prossime settimane ci sarà un incontro decisivo tra sindacati e governo per capire quale sarà il futuro del nostro sistema pensionistico nel 2024. 

Con la nuova legge di bilancio del 2023, il governo Meloni ha deciso di prorogare alcune misure di anticipo pensionistico, senza però per il momento dare il via a una vera e propria riforma del sistema previdenziale italiano. Tra le varie misure prorogate, c’è ad esempio l’Ape Social, che sarà valida anche per il 2023. 

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Hanno poi fatto molto discutere, le modifiche introdotte al reddito di cittadinanza nella legge di bilancio 2023. Il sussidio è stato infatti cambiato in senso restrittivo. Modifiche all’RDC che oltretutto sono il preambolo, come annunciato dal governo, alla sua cancellazione, che dovrebbe avvenire nel 2024. 

Opzione Donna prorogata dal governo, ma cambiano i requisiti

È stata prorogata Opzione Donna, anche se questo rinnovo è avvenuto depotenziando nei fatti questo tipo di anticipo pensionistico. Opzione Donna nel 2023 è riservata alle lavoratrici donne che si trovano in particolari situazione di difficoltà e disagio

Sono questi i mesi in cui l’esecutivo si ritrova a discutere di una vera riforma delle pensioni. Bisognerà anche capire cosa nascerà dagli incontri che la Ministra Calderoni terrà con i sindacati. Da tempo infatti le sigle sindacali chiedono al governo di velocizzare il processo di modifica al nostro sistema pensionistico. Avanzando oltretutto delle modifiche ben precise, che garantiscono, a loro parere, un’accessibilità più equa a tutto il sistema previdenziale. 

Le richieste dei sindacati CGIL, CISL, UIL avanzate nel 2021

Già nel maggio del 2021 CGIL, CISL e UIL avevano prodotto un documento unico intitolato “Cambiamo le pensione adesso”, in cui avanzano una serie di proposte di modifica da sottoporre al governo. Leggendo il documento redatto dalle tre sigle sindacali, ci si accorge di come alcuni punti siano comunque stati ignorati dal governo. È il caso ad esempio di Quota 41. Da tempo i sindacati chiedono che questa misura venga rivista, azzerando il requisito anagrafico.

Una richiesta puntualmente disattesa, e non sembra nemmeno che questa modifica sia nei piani del governo al momento. 

I sindacati pretendono anche una maggiore flessibilità nel sistema di uscita pensionistico. È inconcepibile, sostengono, che un lavoratore che ha maturato dei contributi prima della data del 1996, e con almeno 62 anni di età, possa essere penalizzato economicamente, nel momento in cui decide di utilizzare l’anticipo pensionistico. Inaccettabile secondo i sindacati, percepire un assegno più basso con questi requisiti.

Tra la varie richieste presentate al governo, alcune hanno una storia ormai decennale.  Come le proposte di rivedere alcune modifiche introdotte dalla Legge Fornero. E in particolare, qui i sindacati chiedono di intervenire sui contratti di espansione e ISOpensione.

Anche ampliare la lista dei lavori considerati usuranti e gravosi viene considerata una priorità. Ci sarà poi da discutere anche la recente proposta che la Lega ha portato all’attenzione degli alleati di governo. 

E che è stato anche una delle richieste sindacali più disattese dalla politica degli ultimi anni.

Cosa ha chiesto al Lega al governo su Quota 41

Si tratta di una proposta avanzata dal senatore Durigon e che riguarda Quota 41. Il Carroccio infatti chiede che questa venga modificata in senso espansivo, eliminando in primo luogo il requisiti di accesso anagrafico. Agli occhi della Lega infatti, Quota 41 non deve avere limiti di età e dunque attivarsi con il solo requisito dei contributi minimi fissati a 41 anni. Anche l’INPS, per bocca del suo presidente Pasquale Tridico, ha avanzato alcune proposte di riforma. Una di queste riguarda l’uscita anticipata per la pensione di vecchiaia. 

Secondo Tridico, è doveroso consentire a tutti i lavoratori con almeno 62 anni di età e 20 anni di versamenti, di poter andare in pensione. Anche se naturalmente in questo caso l’assegno che andranno a percepire sarà più basso. La quota versata però, sarebbe ascrivibile alla sola parte di pensione che è stata maturata con il sistema contributivo. Quando si raggiungono i 67 anni di età, l’importo aumenta, attingendo dal sistema retributivo. 

Opzione Donna, ecco chi può richiederla

Con le nuove modifiche introdotte in legge di bilancio, oggi possono richiedere Opzione Donna solo alcune lavoratrici donna, con requisiti molto stringenti. In primo luogo, bisogna aver maturato un’età minima di 60 anni di età, e 35 anni di contributi. È previsto però uno sconto anagrafico di un anno per ogni figlio a carico. Fino però al limite massimo di due anni. Sfruttando questo beneficio, una lavoratrice donna con due figli a carico, può richiedere Opzione Donna a 58 anni di età, e non dunque a 60. I requisiti per l’anno in corso, devono essere però maturati entro il 31 Dicembre 2022. Sono tre in particolare le categorie di lavoratrici che possono accedere, con i cambiamenti introdotti dal governo meloni, a questa forma di anticipo pensionistico. 

  • lavoratrici caregiver
  • lavoratrici donna che hanno un’invalidità, attesta dalla commissione medica ASL del territorio, pari o superiore al 75 per cento
  • lavoratrici licenziata, o che si trovano in aziende che hanno dichiarato lo stato di crisi
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