Tiroide, quando i disturbi invalidanti danno diritto a trattamenti economici e assistenziali

I disturbi della tiroide possono rivelarsi invalidanti per la persona che ne soffre. Scopriamo quando danno diritto alla pensione di invalidità e all’indennità di accompagnamento.

Il riconoscimento di un’invalidità può rivelarsi fondamentale per un lavoratore che a causa di una patologia fatica a portare avanti l’occupazione fino ai 67 anni.

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Il sistema pensionistico italiano prevede l’uscita dal mondo del lavoro a 67 anni di età con 20 anni di contributi. Per poter uscire anticipatamente occorrerà rispettare alcune condizioni contributive oppure rientrare in specifiche categorie come quella degli invalidi con un grado di invalidità superiore al 74%. Quest’ultimi possono lasciare il mondo del lavoro a 63 anni con 30 anni di contributi versati con l’APE Sociale. Quattro anni di anticipo possono significare tanto per chi combatte con una patologia invalidante. Se non si dovesse riuscire a soddisfare le condizioni di accesso alla misura, un’alternativa potrebbe essere la pensione di invalidità. Chi soffre di disturbi alla tiroide può ottenerla? In quali casi?

Disturbi della tiroide, le patologie sono tante e di diversa gravità

Le patologie legate ad un disturbo della tiroide sono molte. Citiamo l’ipertiroidismo, l’ipotiroidismo, il gozzo, tumori, malattie tiroidee quali la tiroide di Hashimoto e altre malattie autoimmuni. Tutte le patologie sono legate ad un malfunzionamento della ghiandola endocrina posta alla base del collo che ha il compito di produrre l’ormone tiroideo.

Il grado di invalidità, dunque, non dipende dalla presenza del malfunzionamento ma dagli effetti di questo sulla persona. Se le conseguenze fisiche o psichiche sono talmente gravi da comportare l’insorgere di una condizione invalidante allora una commissione medica incaricata dall’INPS riconoscerà una determinata percentuale di disabilità. Tale percentuale indicherà le agevolazioni a cui accedere.

Le agevolazioni riconosciute dall’INPS

In caso di forme di malattie tiroidee molto gravi con possibilità di insorgenza di ritardo mentale può essere riconosciuta un’invalidità del 100%. Di conseguenza, al paziente spettano sia la pensione di inabilità che l’indennità di accompagnamento. Se la patologia è ipoparatiroidismo la percentuale assegnata può variare tra il 91 e il 100%. In questo caso il riconoscimento della pensione di invalidità sarebbe scontato mentre quello dell’indennità di accompagnamento sarebbe legato alla presenza di specifici requisiti.

La diagnosi di iperparatiroidismo, invece, comporterà l’assegnazione di un grado di invalidità del 50%, percentuale che non prevede alcun beneficio economico.

Come ottenere il riconoscimento dell’invalidità

L’iter per il riconoscimento dell’invalidità inizia con la richiesta al medico curante della certificazione che attesta la patologia di cui si soffre. Il medico stesso inoltrerà il documento all’INPS per via telematica mentre rilascerà al paziente il numero di protocollo che dovrà essere utilizzato dal richiedente per inoltrare domanda di invalidità all’ente.

Entro 30 giorni dall’invio della richiesta, l’INPS comunicherà alla persona che soffre di disturbi alla tiroide il giorno, il luogo e l’ora dell’appuntamento della visita medica. Una commissione incaricata valuterà il caso e redigerà un verbale completo del grado di invalidità riconosciuto.

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