I riscaldamenti tradizionali risentono del caro energia. Per questo sta tornando di moda la stufa tirolese. Un costo importante ma con un vantaggio preciso.
Il caro bollette spaventa gli italiani ormai da tempo. E per un’infinità di ragioni. La più semplice è legata all’impatto sulle finanze dei cittadini, già duramente messe alla prova dalla pandemia.
Senza contare quel senso di frustrazione che continua ad accomunare i contribuenti, sempre più convinti di star pagando il prezzo della guerra e di conseguenti scelte geopolitiche. Il che, in buona parte, corrisponde a un’amara verità. Tra l’altro, i contribuenti hanno fatto i conti anche con il rally del costo del pellet, passato da alternativa al riscaldamento tradizionale a spesa di consumo ordinaria, rincarata come tutte le altre. Una beffa anche se, chiaramente, sulla base di numeri radicalmente diversi rispetto al gas per uso domestico. Eppure abbastanza importanti da rendere, a conti fatti, l’utilizzo del metano tuttora più conveniente di un affidamento totale al combustibile “naturale”, peraltro non esule da un impatto ambientale, anche se decisamente inferiore.
Chiaro che, in un momento storico di difficoltà economica generale, le strade del risparmio vengano battute in tutte le loro branche. E se il pellet ha in un certo senso “tradito” le aspettative, almeno nei costi più che nelle performance, i consumatori hanno iniziato a guardare letteralmente indietro. Ossia, al più classico dei rimedi della nonna. Non esiste infatti solo la stufa a pellet. Considerando una media di spesa pari a 2 euro al giorno, il fascino della vecchia stufa “tirolese” sembra tornato di moda. Nonostante si parli di dispositivi di riscaldamento dal forte dispendio in termini di materie prime.
Stufa tirolese, i vecchi riscaldamenti tornano di moda: convengono davvero?
Di stufa “tirolese” si sente parlare solo in relazione ad arredamenti vintage. Anche perché, pur a fronte di un’indubbia capacità di assistere i riscaldamenti (o addirittura di sostituirli), la necessità di un rifornimento quasi continuo di legna fa da contraltare. Un aspetto tutt’altro che secondario: 14 chili di legna al giorno. I quali, però, garantirebbero un riscaldamento continuo per 12 ore, una pulizia biennale e con un impatto ambientale decisamente minimo, per non dire nullo. La ricetta “della nonna”, in sostanza, sembra funzionare ora più che mai. Naturalmente si fa per dire. La stufa tirolese è in uso da svariati secoli (almeno dal 1500), nata nei villaggi alpini dove la necessità di mantenere il calore e l’aria tersa diventano tutt’uno. Poca manutenzione, riduzione all’osso dell’emissione di polveri sottili e dispersione minima del calore grazie al sistema di irraggiamento.
Di recente, il fondatore di “Dimora energia”, Enrico Poggiali, ha parlato del ritorno in auge della stufa in luogo dei riscaldamenti tradizionali. Allertando però sulla necessità di dotarsi perlomeno di 10-20 quintali di materiale, tra terra cruda o mattonelle refrattarie in alluminia. Il vantaggio è quello di uno spazio esiguo richiesto per l’installazione, peraltro limitata a un solo impianto piazzato a un pianterreno. La combustione avviene a 1000 gradi circa, con diffusione però progressiva a 250-400 gradi. Questo significa che, anche se situata in un punto dell’abitazione, diffonderà il calore progressivamente senza una dispersione massiccia. Con un’ora di combustione, sarebbe come se i riscaldamenti fossero accesi per 12. Occhio ai prezzi però: non meno di 7 mila euro per quelle tradizionali. Forse un po’ meno se si scegliesse l’acciaio. L’estetica forse ne risentirebbe ma il calore no.