Nuovo Governo, esame Manovra: cosa rischia (davvero) di saltare

Con la Manovra arriverà il primo test per il Governo che verrà. E per far quadrare i conti, sarà forse inevitabile la politica dei tagli.

 

In teoria, un nuovo Governo dovrebbe lavorare per dare risposte ai cittadini. E, soprattutto, per mantenere le proprie promesse fatte in fase di campagna elettorale.

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Tuttavia, l’esame dei conti prima o poi arriva per tutti. E per l’esecutivo che salirà in sella, il momento della (prima) verità arriverà piuttosto presto. Perché è vero che la campagna elettorale deve giocoforza incentrarsi su promesse e progetti ma è vero pure che la base è, purtroppo e per forza, quella finanziaria. Il nuovo Governo non si è nemmeno costituito e già all’orizzonte si delinea il profilo informe della Manovra, dalla quale dipenderà se non il futuro, perlomeno il primissimo presente del nuovo esecutivo. E non sarà per niente semplice imbastire un piano che metta accanto alle varie voci una somma corrispondente e sufficiente a dar seguito alle suddette promesse. In questo senso, oltre a quelli che già traballano, rischiano di saltare anche altri provvedimenti disposti fin qui.

Secondo i primi calcoli, solo per confermare le misure di aiuto alle famiglie si parla di 15 miliardi di euro (circa). E unicamente per il primo trimestre 2023. Un’altra ventina dovranno bastare per mantenere il taglio del cuneo fiscale al 2% per i redditi fino a 35 mila euro, senza contare i rinnovi degli statali e la rivalutazione delle pensioni. Inoltre, ci sarà da fare i conti (letteralmente) anche con la conferma degli aiuti all’Ucraina, da includere nel pacchetto di manovre che dovranno essere messe a punto con la Legge di Bilancio. Per un totale di almeno 40-45 miliardi. Risorse che dovranno essere trovate per cominciare con il piede giusto.

Verso l’esame Manovra: quali misure potrebbero saltare nel 2023

In ballo non c’è solo la credibilità della nuova forza politica. Gli italiani attendono risposte su tutti i fronti caldi, dalla riforma delle pensioni (per le quali appare quasi inevitabile il ripristino perlomeno provvisorio della Legge Fornero piena) a quella del lavoro. Del resto, la principale forza della coalizione del Centrodestra, Fratelli d’Italia, aveva più volte battuto il tasto dell’abolizione del Reddito di Cittadinanza nella sua forma attuale. Una mossa che, chiaramente, darebbe risorse da convogliare su altre misure ma che, al contempo, andrebbe inevitabilmente a imporre ulteriori e urgenti mosse sul piano del sostegno alla popolazione. Al momento appare improbabile che l’intero pacchetto di riforme possa arrivare in Manovra contando solo sui prelievi dagli extra-profitti delle società di distribuzione energetica. Men che meno da quelle dovute allo sprint delle tasse, causa inflazione.

Anche per questo FdI sembra voler puntare forte sulla pace fiscale, sgravando i contribuenti da tasse arretrate e incoraggiando il saldo di quelle in entrata tramite uno sconto-condono. L’obiettivo è di tirar fuori almeno 25 miliardi anche dai fondi strutturali europei non spesi, attraverso una ripianificazione dei programmi di utilizzo. Qualcosa sul quale l’Europa potrebbe dire la sua, dilazionando i termini su tempi indefiniti. Altre risorse, quindi, potranno molto probabilmente arrivare dai tagli. In questo caso ai bonus principali, dal 110% sull’edilizia al Bonus facciate, per non parlare dello stop alle pensioni minime.

Molto probabile anche il depennamento della programmata estensione del Bonus 150 euro, così come del taglio delle imposte Iva, Irap e Irpef. Chiaro che, a fronte di una rimodulazione degli impegni, sarà necessario fornire basi concrete di risanamento. Innanzitutto confermando il taglio in bolletta, poi riorganizzando il tessuto occupazionale in modo da favorire l’autosufficienza dei giovani. La Manovra sarà solo il primo esame.

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