La busta paga (forse) aumenta, sorridono in 3 mila: merito dei buoni pasto

Buoni pasto in busta paga. La proposta di Altroconsumo (che ha avviato una petizione) potrebbe risolvere un annoso (doppio) problema.

 

Parlare di aumenti in questo momento storico significa toccare un tasto dolente, visto che ad aumentare è praticamente tutto, dal carburante ai beni di prima necessità.

Buoni pasto busta paga
Foto © AdobeStock

Stavolta, però, il concetto potrebbe essere declinato nella sua accezione positiva. Per ben 3 mila italiani, infatti, si profila all’orizzonte un aumento in busta paga, portato nientemeno che dai buoni pasto. Il sorriso, però, resta per il momento appena accennato, visto che si tratta di una mera proposta. L’obiettivo è portare i buoni pasto direttamente all’interno della busta paga, risolvendo in un colpo solo due problemi: la fruibilità del buono e le flessioni delle buste. Il caos politico attuale non sembra consentire interventi straordinari ma Altroconsumo ci sta provando. Magari semplicemente per lanciare un sasso che potrebbe essere raccolto dalla prossima legislatura. Nello specifico, l’associazione ha avviato una petizione per raggiungere quello che sarebbe un risultato importante.

Se non altro per i numeri, visto che la misura interesserebbe 3 milioni di persone per un valore di 3,2 miliardi complessivi. I buoni pasto, d’altronde, non interessano solo la ristorazione ma anche la spesa quotidiana effettuata al supermercato. Si tratta però di uno strumento non particolarmente apprezzato dagli esercenti in virtù delle commissioni di incasso, comprese fra il 10% e il 20% del valore del buono. In sostanza, a fronte di una spesa da 20 euro, il commerciante ne incasserebbe 2 o 4 di meno. Un’operazione di accostamento alla busta paga potrebbe risolvere anche questo problema. La liquidità verrebbe riconosciuta direttamente al fruitore, senza incidere sul profitto del commerciante.

Buoni pasto in busta paga: la proposta di Altroconsumo

La mossa potrebbe essere inquadrata come un contrasto al periodo di inflazione, di fatto potenziando il potere di acquisto dei consumatori. È comunque bene ricordare che un vero e proprio diritto ai buoni pasto non esiste. Questi, infatti, spettano al lavoratore solo nel caso in cui siano previsti dal Contratto collettivo nazionale (Ccnl) di riferimento, oppure dal proprio contratto. È il decreto legge 122/2017 a regolarne l’erogazione, destinata ai lavoratori subordinati (full e part-time) anche in assenza di una pausa pranzo. In pratica, a dispetto del nome, il buono pasto non è legato direttamente al consumo del pranzo. Addirittura, potrebbe essere previsto anche in caso di smart working ma solo a determinate condizioni.

La proposta di Altroconsumo segue la strada tracciata da numerosi sindacati, che hanno a più riprese chiesto di rivedere la normativa generale. Anche (e soprattutto) in virtù della protesta dei commercianti, i quali hanno addirittura scioperato per opporsi al consumo dei buoni pasto. Ora, è chiaro che anche a fronte di un’eventuale approvazione (complicatissima, per non dire impossibile, in tempi brevi) difficilmente il tutto arriverà a dama con la legislatura in chiusura. Il concetto di fondo è però interessante: il buono convoglierebbe direttamente in busta paga, rafforzando le disponibilità economiche dei contribuenti senza perdere il beneficio fiscale. Ci vorrà tempo ma, stavolta, l’idea potrebbe aver fatto centro. Si vedrà.

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