Superbonus, l’agonia del 110%: due mesi, poi si rischia

Le difficoltà non sono mai mancate. Ora, però, il Superbonus rischia seriamente la deriva. E la scadenza del 30 settembre è sempre più vicina.

 

Che fine farà il Superbonus? Chiariamolo subito: le prospettive non sono rosee. E l’epilogo rischia di essere sulla falsa riga dell’esistenza del principale bonus edilizio, ossia estremamente travagliata.

Superbonus proroga
Foto © AdobeStock

Il premier dimissionario, Mario Draghi, non ha mai nascosto la sua opinione negativa in merito. Non tanto per l’agevolazione in sé quanto per la sua impostazione, ritenuta errata nell’applicazione della cessione del credito e, soprattutto, portatrice di costi più elevati rispetto a quelli preventivati. E, nella fattispecie, rispetto al risparmio messo in conto. Se prima della crisi di governo il destino del Superbonus appariva segnato, con la difficoltà di riconvertire le risorse e di disporre nuovi finanziamenti, con la fine dell’esecutivo di unità nazionale solo pochissimi spiragli si sono riaperti. Rendendo i prossimi due mesi decisivi per capire il destino di un’agevolazione che, a conti fatti, ha portato più criticità che benefici.

Particolarmente intenso dovrà essere il percorso per edifici e villette unifamiliari che, al 30 settembre, dovranno aver completato almeno il 30% dei lavori per poter arrivare a dama. Visto che le scadenze non potranno essere prorogate, anche e soprattutto per la fine del Governo, l’accelerazione delle imprese è necessaria. Qualora non si riuscisse a raggiungere l’agognata percentuale, infatti, i proprietari delle case rischierebbero seriamente di rimetterci, così come le imprese di non rientrare nei costi sostenuti. Anche perché, a ben vedere, una proroga già c’è stata: il decreto Aiuti, in effetti, ha spostato al 30 settembre la deadline precedente, fissata al 30 giugno.

Superbonus, rush finale: dopo il 30 settembre potrebbe saltare tutto

Niente più proroghe e, probabilmente, niente più finanziamenti. Senza contare che i soldi destinati ai lavori effettuati con il Superbonus sono andati già oltre i fondi stanziati. Il che, senza una nuova immissione di risorse, rischia di trascinare le imprese in un pantano, oltre che i fruitori in una condizione di immobilità. In questo senso, anche l’allargamento delle maglie sulla cessione del credito deciso dal Decreto Aiuti (che consente alle banche di cedere anche a titolari di Partita Iva, imprenditori o professionisti) potrebbe non essere di giovamento. Il limite resta peraltro quello delle quattro cessioni ma, in questo momento, il problema non è questo. Le scadenze restano e le proroghe non si vedono, così come i nuovi fondi. In pratica, due mesi e poi il Superbonus potrebbe saltare.

Per quel che riguarda villette ed edifici, il bonus spetta per le spese sostenute fino al 30 giugno 2022 e anche per quelle pagate entro il 31 dicembre 2022. Per queste ultime, però, si rende necessaria la condizione che, al 30 settembre, lo stato di avanzamento dei lavori abbia coperto almeno il 30% del totale. Percentuale che, peraltro, dovrà essere verificata rispetto ai lavori complessivi. Una condizione tutt’altro che agevole visto che l’operazione di cessione del credito non ha trovato i riscontri sperati, l’appoggio delle banche non ha contribuito a smaltire i crediti fiscali e, di conseguenza, parecchi lavori sono andati a rilento.

In caso non si riesca a raggiungere in sella la deadline, il banco rischia di saltare. Blocco dei lavori e difficoltà nel raggiungere gli obiettivi preposti, in primis quello dell’ammodernamento energetico. E il contribuente potrebbe mettere seriamente mano al portafogli.

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