Previdenza, la differenza fondamentale: così cambiano le pensioni

La previdenza, obbligatoria o integrativa, persegue il fine ultimo della stabilità pensionistica. Ecco chi può accedere all’una o all’altra.

 

A seconda della previdenza associata alla propria condizione, andranno determinate anche le varie prestazioni di cui si andrà a usufruire. In particolare, c’è una differenza da non trascurare.

Previdenza obbligatoria e complementare
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E’ la previdenza stessa a differire, dividendosi in due tipologie differenti. Dalle quali, chiaramente, dipende anche il futuro trattamento pensionistico. Nello specifico, le varianti in questione riguardano l’obbligatoria e la complementare, nota anche come integrativa. La previdenza è infatti la procedura svolta dallo Stato (o dagli Istituti predisposti allo scopo) per assicurare ai cittadini un trattamento pensionistico successivo alla fine dell’attività lavorativa. O, in alternativa, nel momento in cui il contribuente dovesse ritrovarsi in condizioni di indigenza economica. A ogni modo, il tipo di previdenza in cui si rientra non è secondario. Soprattutto perché esistono delle differenze fondamentali fra le due esistenti.

Bisogna tener presente che l’iscrizione a una Cassa previdenziale è obbligatoria, qualunque sia il rapporto di lavoro. Le uniche eccezioni riguardano casi particolari, che prevedono l’esenzione della contribuzione. Il fine ultimo è sempre provvedere alla maturazione del trattamento pensionistico pubblico a favore dei dipendenti, a partire dalla data di cessazione del suo servizio. Detto questo, fra previdenza obbligatoria e complementare esistono delle differenze in grado di determinare anche il prodotto finale. Ossia, appunto, quello delle pensioni.

Previdenza obbligatoria e complementare: quali sono le differenze

Per quanto riguarda la previdenza obbligatoria, la più frequente e che fa riferimento al sistema pubblico, attraverso di essa lo Stato distinguerà fra prestazioni pensionistiche e non. La differenza è abbastanza evidente: nel primo caso, infatti, il riferimento è alle prestazioni che comportano rendite riconosciute al lavoratore al raggiungimento dell’età pensionabile. Si tratta sia dell’anzianità anagrafica che contributiva. Quindi, in sostanza, dei requisiti base per l’accesso al trattamento pensionistico. Per quel che concerne le previdenze non pensionistiche, le prestazioni saranno temporanee e riconosciute esclusivamente ai lavoratori nel corso dell’età lavorativa. A patto che si verifichino condizioni che compromettano la prosecuzione dell’attività lavorativa.

La previdenza complementare può essere letta con maggior precisione tramite l’appellativo “integrativa”. Si tratta, infatti, di un’integrazione a tutti gli effetti delle prestazioni pensionistiche obbligatorie. Si verserà in sostanza una somma aggiuntiva di denaro che andrà a rafforzare quella derivata dal versamento originario. Il trattamento integrativo è destinato a tutti i lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati, che ai professionisti e agli autonomi. Nel novero, però, saranno inclusi anche disoccupati e inoccupati e persino i soggetti risultanti a carico fiscale. Le somme versate saranno investite in obbligazioni, titoli di Stato, Fondi, azioni o gestioni separate, le cui rendite (variabili in base ai saliscendi del mercato) verranno infine integrate alle previdenze obbligatorie. Nella misura in cui, a seconda della formula prevista, saranno maturate le rendite.

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