Smart working, clamorosa decisione: sorpresi i lavoratori

Si lavorava al ritorno alla normalità. Invece il Governo opera il dietrofront: smart working possibile fino al 30 giugno. In modalità semplificata.

 

Emblema dei tristi giorni del lockdown, almeno per chi ha avuto la fortuna di riuscire a lavorare anche durante quel periodo, lo smart working torna a essere protagonista anche ora che, in teoria, lo stato di emergenza sta per finire.

Smartworking regola
Foto © AdobeStock

Il Governo ha infatti approvato da poche ore il Decreto Covid, sorprendendo quanti credevano che il lavoro da casa fosse ormai in procinto di essere archiviato. Il regime semplificato emergenziale, dalla data di scadenza del 31 marzo sarà allungato fino al 30 giugno 2022. Una modifica inattesa, che ha sorpreso innanzitutto i lavoratori, convinti che le cose tornassero a posto perlomeno sul piano operativo. In pratica, per qualche mese ancora, continuerà a essere disponibile la modalità del lavoro agile, sulla base di una normativa comunque semplificata rispetto al passato, ossia alle direttive della legge 81/2017. Le novità saranno quindi sul fronte prettamente normativo piuttosto che su quello operativo.

I datori di lavoro saranno liberi di applicare o meno la forma semplificata dello stato emergenziale per i propri dipendenti. Un po’ come accaduto all’inizio dell’emergenza pandemica, quando l’applicazione dello smart working era a discrezione di lavoratori e datori di lavoro. Rispetto alle precedenti regole, però, non sarà necessario firmare accordi scritti con il lavoratore, al quale basterà una mail per ricevere direttive. Le eventuali comunicazioni amministrative potranno essere inoltrate direttamente sul portale del Ministero del Lavoro, tramite la piattaforma Cliclavoro. Esattamente come avviene oggi ma con modalità più rapide e più semplici.

Smart working, prolungamento a sorpresa: cosa c’è dietro la decisione del Governo

Restano invariate le regole anche per quanto riguarda le intese sindacali, le quali saranno ancora facoltative e vincolanti per le aziende solo se applicheranno un Contratto collettivo nazionale del lavoro o un accordo di secondo livello inerente il lavoro agile. Niente di nuovo rispetto a quanto previsto dal Protocollo del Ministero del Lavoro, siglato con le parti sociali il 7 dicembre scorso. Per il resto, bisognerà fare i conti con condizioni emergenziali almeno fino all’inizio dell’estate. Sulla carta non se lo aspettava nessuno. Forse, però, un minimo di sospetto i lavoratori se lo erano riservati. Del resto, per quanto l’invasione russa in Ucraina abbia distratto i media dal monitoraggio della pandemia, la diffusione del Covid è proseguita su numeri ancora importanti, anche se non paragonabili alle fasi più difficili dell’emergenza.

Il problema è che la possibilità di usufruire del lavoro agile non è per forza un vantaggio, né per le aziende e né per i lavoratori. Il 31 marzo, infatti, era stato indicato come la data limite per organizzare il passaggio verso una nuova fase, indirizzata verso il ripristino della normalità. Un processo tutt’altro che semplice e che, con la proroga della strategia emergenziale, potrebbe rallentare ulteriormente il ritorno alle procedure di lavoro ordinarie (inizialmente si era pensato a una modalità ibrida). In sostanza, mantenere la possibilità di smart working non dovrà distogliere le aziende dall’obiettivo di costruire un nuovo progetto organizzativo per il ritorno al lavoro in sede. In condizioni di sicurezza naturalmente.

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