Supermercati vuoti ma non è psicosi: cosa c’è dietro gli scaffali spogli

Non è (solo) la guerra a spaventare i consumi. Dietro i supermercati vuoti c’è lo sciopero degli autotrasportatori. E l’inflazione sale a livelli da paura.

 

Il contraccolpo della guerra in Ucraina non è stato solo sul piano economico ma anche psicologico. La consapevolezza di un conflitto così prossimo ai confini e agli interessi dell’Europa, di certo non aiuta a riprendersi da un colpo da k.o. come una pandemia.

Supermercati vuoti
Foto © AdobeStock

Gli echi della crisi energetica, quelli delle sanzioni economiche e, non ultimi, quelli delle bombe così vicine, hanno portato i cittadini europei a cedere sul fronte dei nervi. E negli ultimi giorni, soprattutto in Italia, si è assistito a una sorta di assalto ai supermercati, con l’obiettivo di fare maggior rifornimento possibile nella prospettiva, sia pure remota, che le tensioni sul fianco orientale del Vecchio continente finiscano per trascinarci tutti dentro. A ogni modo, le scorte non hanno riguardato solo gli approvvigionamenti alimentari. In una sorta di revival di quanto accaduto durante il lockdown del 2020, le persone hanno fatto a gara per rifornirsi di carburante e altri beni di prima necessità.

Il tutto, chiaramente, sotto il fuoco dei rincari. E se i distributori di carburante stanno seriamente pensando di spegnere le pompe nelle ore notturne per assorbire i costi delle utenze, alcuni supermercati hanno fatto fatica a riposizionare la merce sugli scaffali. Ma non è solo la guerra in Ucraina che rallenta gli approvvigionamenti dei centri di acquisto. Anzi, gli scambi internazionali in ritardo e la produzione a rilento, almeno per il momento, non sono attribuibili agli scenari bellici ma a qualcosa di decisamente più prossimo alla quotidianità. C’è uno sciopero a far tremare non solo i supermercati ma tutto il comparto produttivo.

Supermercati vuoti, dietro c’è lo sciopero degli autotrasportatori

Già da qualche settimana gli autotrasportatori sono sul piede di guerra. Un settore già in crisi per mancanza di personale, messo definitivamente in ginocchio dal rincaro sui costi del carburante. Il quale ha lasciato letteralmente a piedi le merci, costringendo imprese e lavoratori a incrociare le braccia facendo venire i sudori freddi ai produttori, che rischiano di vedere i propri prodotti rimanere inerti nei depositi. Anziché, naturalmente, essere introdotti nel circuito dei consumi. Uno scenario da incubo. Il rialzo dei prezzi ha spinto le imprese dei trasporti a spegnere i motori, con proteste coordinate in diverse regioni italiane. La protesta è stata sospesa per 48 ore sabato 26 febbraio, cosicché i supermercati potessero tornare pieni.

Una tregua che, però, ha tutt’altro che risolto il problema. Ben più urgente, per paradosso, rispetto alla guerra in corso fra Russia e Ucraina. Che, come effetto immediato sui consumi, potrebbe produrre un aumento dei prezzi. La politica delle sanzioni mira a spingere la Russia sull’orlo del default, così da convincere il presidente Putin a interrompere le ostilità. Qualche speranza viene riposta nel “secondo round” dei negoziati, previsto a giorni.

Spettro inflazione

L’effetto delle sanzioni, però, sarà rapido e con un inevitabile effetto boomerang. Il costo dei beni di prima necessità potrebbe salire rapidamente, così come quello relativo all’approvvigionamento di gas e carburante, già in impennata da settimane. Un quadro che potrebbe essere ulteriormente aggravato dall’impatto sulla produzione di cereali, in quanto l’Ucraina figura ai primi posti per quel che riguarda l’esportazione di grano. E l’inflazione potrebbe colpire pesante: il valore d’acquisto, per l’anno in corso, è già al +3,4% ma, secondo gli analisti, a breve le economie occidentali potrebbero trovarsi di fronte a un 10%.

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