Tassa di soggiorno: va sempre pagata? Ecco come stanno le cose

La tassa di soggiorno è frutto di una libera scelta del singolo Comune che trova fondamento nella legge di riforma del federalismo fiscale del 2011.

Le persone che viaggiano con frequenza, per ragioni di lavoro o per motivi di turismo, con tutta probabilità conoscono e hanno già sentito parlare di tassa di soggiorno.

tassa di soggiorno

Ebbene, vero è che alla luce dei principi inquadrati nella riforma del federalismo fiscale, trova spazio la cd. autonomia impositiva degli enti locali. In ragione di questo meccanismo, Comuni, Province e Regioni hanno la facoltà di imporre loro tributi ad hoc, onde finanziare il proprio bilancio oppure per venire incontro a particolari esigenze di spesa.

Di seguito vogliamo fare chiarezza proprio sulla tassa di soggiorno, evidenziando alcuni tratti fondamentali di essa e le norme di rilievo, onde capire con precisione come funziona il meccanismo di questo tributo.

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Tassa di soggiorno: di che si tratta

La tassa di soggiorno, anche se sarebbe più corretto parlare di imposta di soggiorno, consiste in una cifra gravante sulle finanze dei turisti e di tutti coloro che per le più svariate ragioni alloggiano nelle strutture ricettive dei Comuni italiani.

In particolare, come abbiamo accennato poco sopra, si tratta di una tassa che trova fondamento nelle norme introdotte più di dieci anni fa, dalla legge di riforma del federalismo fiscale del 2011.

Da rimarcare che gli enti locali non sono tenuti a introdurre e prevedere la tassa di soggiorno. In particolare, è mera facoltà dei Comuni decidere se applicare o meno la tassa di soggiorno, e disciplinare il collegato importo con deliberazione ad hoc, da parte del consiglio comunale.

E’ dunque assolutamente normale trovare in Italia Comuni che:

  • hanno scelto di omettere del tutto l’introduzione della tassa di soggiorno;
  • hanno previsto la tassa soltanto per alcune tipologie di hotel e strutture ricettive;
  • impongono il pagamento della tassa di soggiorno esclusivamente in determinati periodi dell’anno.

D’altronde il federalismo fiscale prevede come suo principio guida, lo spostamento progressivo delle funzioni e dei servizi pubblici, così come l’imposizione fiscale, dalle strutture centrali dello Stato agli enti territoriali. In pratica, ciò vuol dire decentrare alcune funzioni dello Stato alle regioni, alle province, alle città metropolitane e ai Comuni. Ecco perché si può pacificamente affermare che il federalismo fiscale dia agli enti più vicini al cittadino – come appunto i Comuni – maggiori funzioni e politiche di entrata e spesa. Ciò è ben evidente proprio in tema di tassa di soggiorno.

Chi sono i destinatari e quali sono le esenzioni

Chiarire il funzionamento della tassa di soggiorno è tutt’altro che complicato, se abbiamo ben presenti i suoi fondamenti.

Se ci domandiamo chi sono i destinatari ossia coloro che sono tenuti a pagarla, la risposta è che detta spesa va versata da ogni persona che soggiorna presso il Comune, che ha autonomamente scelto di imporre questa forma di tassazione per ogni notte di soggiorno. Ovviamente le ragioni possono essere le più diverse: un viaggio di lavoro, una vacanza, ecc.

Vi sono poi determinate categorie che sono esentate dal pagamento dell’imposta di soggiorno. Le norme che regolano eventuali esenzioni sono comunque stabilite a livello comunale, ma in linea generale a non dover versare questo tributo sono:

  • i bambini e i minorenni, in alcune ipotesi fino ai 10 anni, in altre anche fino ai 18;
  • le persone disabili;
  • le persone che accompagnano persone con handicap;
  • gli autisti e in generale gli accompagnatori turistici;
  • i residenti nello stesso comune nel quale si pernotta;
  • coloro che scelgono di pernottare presso i cosiddetti ostelli della gioventù;
  • i membri delle forze armate.

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Lo scopo della tassa di soggiorno

Sul piano della finalità della tassa di soggiorno, occorre partire dal dato essenziale per cui il turista, nell’ambito di un periodo di soggiorno in un Comune differente da quello di residenza, sfrutta servizi pubblici e perciò comporta un aumento di costi per le infrastrutture pubbliche, considerate nel loro complesso.

Tecnicamente parlando, la tassa di soggiorno è dunque da intendersi una cd. ‘tassa di scopo’, e dunque ciò che da essa si incassa è caratterizzato da una destinazione vincolata, fissata in modo diretto dal legislatore.

Non bisogna infatti dimenticare che la norma istitutiva dell’imposta comporta che il collegato gettito è destinato a finanziare interventi nell’area del turismo, inclusi quelli a sostegno delle strutture ricettive. Non solo. Il gettito serve altresì a favorire interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, e dei collegati servizi pubblici locali.

La prassi talvolta ci indica qualcosa di differente: infatti non di rado la tassa di soggiorno finisce per finanziare in modo indistinto il bilancio comunale e il suo gettito non è di fatto assegnato alle finalità per cui è stata prevista dalla legge apposita.

Tassa di soggiorno o imposta di soggiorno?

Sopra abbiamo accennato che sarebbe più corretto parlare di imposta di soggiorno. Ma vero è che nel linguaggio comune, si parla solitamente di tassa di soggiorno.

Attenzione però ai dettagli: in realtà questo tributo andrebbe chiamato ‘imposta di soggiorno’.

Ciò ben si spiega se consideriamo che:

  • le tasse sono pagate dai cittadini in cambio di un certo servizio (ad es. la tassa per la nettezza urbana ecc.);
  • le imposte invece sono un prelievo che è compiuto dallo Stato per finanziare i servizi rivolti alla collettività.

In ragione di questa differenza sostanziale, appare del tutto evidente che sarebbe più corretto parlare di imposta di soggiorno.

Quali sono le modalità di pagamento?

A questo punto tutti coloro che stanno per fare un viaggio e ignoravano finora l’esistenza della tassa di soggiorno, si potrebbero domandare con quali strumenti è possibile pagare il tributo, quando – per le più svariate ragioni – ci si trova in un Comune italiano e si intende pernottare.

Ebbene, in linea generale, la tassa di soggiorno è versata dall’obbligato alla fine del soggiorno, cioè alla data in cui salda alla struttura ricettiva la fattura che contiene tutti i costi del suo pernottamento.

Da rimarcare che, in ogni caso, la tassa di soggiorno non impone una spesa ingente, ma tutt’altro. Si tratta infatti di un costo che per l’obbligato oscilla in genere tra un minimo di un euro ad un massimo di cinque euro.

Ma i Comuni sono tuttavia pur sempre liberi di innalzare l’ammontare della tassa di soggiorno e, nei comuni con una presenza turistica molto consistente come le città d’arte (ad es. Firenze o Venezia), la tassa di soggiorno può oltrepassare il valore di cinque euro.

In particolare, la tassa di soggiorno può essere versata:

  • In denaro contante;
  • Con carta di credito.

previo rilascio di ricevuta o fattura nella quale la tassa di soggiorno deve essere indicata come “operazione fuori campo Iva”.

Spetterà poi alla singola struttura ricettiva riversare i correlati importi riscossi per la tassa alle casse dell’ente locale.

E’ buona regola, al momento di pagare, controllare che sia addebitato l’importo corretto, suddiviso per il numero di persone e per le notti passate nella località di villeggiatura.

Tassa di soggiorno: una realtà non solo italiana

L’Italia ha il primato di nazione d’Europa con le tasse di soggiorno mediamente più alte. Infatti, nelle altre capitali continentali il meccanismo implica l’aggiunta di una percentuale sul pernottamento, che implica esborsi minimi.

In Italia, Roma vanta il primato delle tasse di soggiorno più care: nella capitale è possibile pagare anche 7 euro a notte. Molto alte anche le tasse di Venezia, Firenze e Milano, mentre nel Mezzogiorno l’imposta è più bassa.

In verità, la tassa di soggiorno è stata prevista anche nel resto del mondo: è conosciuta ed applicata negli USA, ed è pari ad alcuni dollari a notte per persona. Ed è prevista anche in Giappone, Marocco e paesi asiatici in generale.

Il principio che sorregge il suo meccanismo è del tutto analogo a quello che caratterizza la tassa di soggiorno in Italia.

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Una scelta locale che spetta ai Comuni

In questo articolo abbiamo visto che, grazie al meccanismo della tassa di soggiorno, è attribuita ai Comuni una maggiore autonomia finanziaria, in particolare con la possibilità di stabilire entrate e spese proprie. L’obiettivo di queste norme è avvicinare al cittadino la sede politica in cui sono prese le decisioni.

Chi è abituato a viaggiare conosce sicuramente la tassa di soggiorno, mentre i viaggiatori meno assidui si imbattono in questa tariffa ulteriore rispetto al costo delle stanze, da corrispondere al momento della partenza – in alberghi e strutture ricettive. L’imposta di soggiorno consiste in un contributo fisso, il cui costo varia da località a località, che gli albergatori richiedono a turisti e viaggiatori ospitati nelle strutture.

Si tratta di un’imposta che ciascun ospite deve versare per ogni notte trascorsa in alberghi, bed and breakfast, campeggi delle principali città non solo dell’Italia, ma anche del resto del pianeta. Nella prassi si addebita come un extra da aggiungere al costo complessivo della camera e dei servizi offerti nell’ambito del soggiorno.

Infine ricordiamo che il regolamento che riguarda il pagamento della tassa di soggiorno cambia a seconda delle località d’interesse artistico, culturale o turistico in cui si soggiorna.

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