Al supermercato non la trovate più: addio alla plastica, come fare ora

Niente più plastica monouso nei supermercati già dal 14 gennaio. La rivoluzione sostenibile passa dall’incentivare l’economia circolare.

Plastica supermercati uso
Foto © AdobeStock

Salvare il mondo dalle plastiche. A cominciare dai mari. Anche se forse l’obiettivo è più salvare noi stessi dagli effetti deleteri delle nostre cattive abitudini e della nostra distrazione. Niente di più facile, infatti, che contravvenire alla regola, imparata fin da piccoli, di non gettare niente per strada né tantomeno in acqua. Una norma di buona educazione e di rispetto dell’ambiente, fin troppe volte dimenticata al momento di dimostrare realmente di essere dei buoni cittadini. E questo vale per tutti, dal semplice passante alla grande azienda. Ecco perché, dal 14 gennaio, è entrata in vigore una regola ancora più rigida, che mira a contenere il problema dell’inquinamento semplicemente azzerandone alcuni focolai.

Si potrebbe parlare di svolta green forse. La verità, però, è che il cambiamento inciderà solo in parte sulle nostre abitudini, mentre potrebbe giovare molto all’ambiente circostante. L’addio alla plastica monouso sarà progressivo ma inesorabile. Anzi, per la verità è già cominciato. E le buste di piatti, bicchieri, posate e quant’altro che si vedono ancora al supermercato, sono anche le ultime disponibili. Una volta esaurite, non saranno rimesse in commercio. L’obiettivo è di ridurre le cifre monstre che corrispondono all’inquinamento apportato dai materiali plastici, microplastiche incluse. La produzione generale, nella sola Europa, si attesta a 26 milioni di tonnellate l’anno.

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Plastica, addio in nome della sostenibilità: le alternative

Si tratti di piatti e bicchieri, di cannucce, aste per palloncini o cotton fioc, non saranno ammesse trasgressioni. Finito lo smaltimento dei prodotti già in vendita (prima del 14 gennaio si intende), gli esercenti saranno tenuti a rispettare il regolamento e a dotarsi di alternative concrete. Le sanzioni per eventuali trasgressioni sarebbero salatissime, andando da un minimo di 2.500 euro a un massimo di 25 mila. Le aziende sono state già da tempo invitate a virare sulla produzione di oggetti di largo consumo in materiali che siano compostabili o quantomeno riciclabili al 100%. Qualcosa di simile è avvenuto con le bottiglie d’acqua, realizzate dai grandi marchi ad esempio in Pet. Anche in questo caso, oltre a non gravare sull’ambiente, lo scopo è di favorire l’economia circolare e ridurre le emissioni di CO2.

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La produzione di piatti e bicchieri in altri materiali (anche compostabili) andrebbe a compensare la possibile problematica di un maggior consumo d’acqua per la pulizia delle stoviglie di vetro e ceramica. Del resto, la rivoluzione sostenibile punta a risparmiare energia su tutti i fronti, includendo nel pacchetto la lotta agli sprechi. Non bisogna dimenticare che l’acqua è probabilmente la risorsa più dilapidata, proprio in virtù di abitudini scorrette. In questo caso, però, è la sensibilizzazione sul tema a fare la differenza. Come sempre, il tutto si riduce a una questione di coscienza oltre che di regole.

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