50mila lire Vs 50 Euro, la differenza è netta: i prezzi prima della moneta unica

20 anni sono passati da quando è entrato in vigore l’Euro. Le incredibili differenze tra i prezzi di ieri e di oggi

50 euro banconota

Era il 1° gennaio del 2002 quando ufficialmente gli Euro entrarono nelle tasche degli italiani. Sostituì la moneta corrente di allora, cioè le Lire. Impossibile non stilare un bilancio di un ventennio di cambiamenti economici, sociali e politici. L’Euro ha impoverito un po’ tutti? Basta dare un’occhiata a quanto costavano pizza e caffè, tanto per fare un esempio, per trarre inevitabili conclusioni. Ecco le sorprendenti differenze di prezzi.

1936,27: il mistero del cambio e le azioni politiche di allora

Chi ha una certa età, “trema” al solo vedere quei numeri in sequenza che decretarono la fine del potere d’acquisto degli italiani. Quando la Commissione decise il cambio Euro/Lire in un valore di 1936,27 non mancarono polemiche e dibattiti politici (soprattutto tra Prodi e Berlusconi). Nessun intervento fu fatto per calmierare i prezzi o vigilare sugli “scontrini folli” che si scatenarono già dal secondo giorno di presenza della moneta unica. Senza entrare troppo in disquisizioni politiche, va ricordato che allora la colpa venne data ai commercianti. Sarebbero stati loro ad aver approfittato della difficoltà degli italiani di convertire mentalmente ad ogni acquisto le Lire con l’Euro. In sostanza, ciò che costava 1000 Lire venne a costare 1€, di fatto raddoppiando.

A livello emotivo fu un disastro. Chi il mese precedente aveva in busta paga 1.600.000 Lire, si ritrova di botto con un assegno da 800€, ricevendo l’impressione che fosse praticamente dimezzato. La realtà è ovviamente più complessa: i rincari dei prezzi vi furono eccome, ma ciò che è successo negli anni successivi – fino alla crisi del 2008 ndr – fu il risultato di una politica scellerata partita già dagli anni ‘90 che svendette, di fatto, la sovranità monetaria, e al contempo iniziò la privatizzazione selvaggia di servizi fondamentali come trasporti, energia, telecomunicazioni… e soprattutto che non tenne conto di un “piccolissimo” fattore quale quello dell’inflazione. Con l’entrata in vigore dell’Euro, ogni Paese reagì in maniera diversa, come avrebbe dovuto essere contemplato, e mettere sullo stesso piano due monete significava (e significa ancora) che quella più forte perde un po’ del suo valore, mentre quella più debole ne guadagna. L’Italia, all’epoca, stava “falciando” economicamente Francia, Germania e altri Stati. In un colpo solo vennero abbattuti i gap e i vantaggi acquisiti sin dal dopoguerra.

I prezzi insostenibili di energia e servizi

Un’indagine della Codacons non lascia spazio a molte fantasie: in 20 anni le famiglie hanno perso il loro potere d’acquisto a causa di un’inflazione crescente, e che a novembre del 2021, spinta dai prezzi dell’energia, ha raggiunto un valore mai così alto dal 2012. La crescita dei prezzi al consumo è solo l’ultima mazzata a fronte di questo aumento, che sta costringendo le famiglie a sacrifici sempre più grandi. Parlando in numeri, dal 2001 ad oggi la benzina è passata da circa 1€ al litro agli attuali 1,75€ (1,60€ circa per il gasolio); chi ha pensato di risparmiare utilizzando i mezzi pubblici non ha guadagnato un granché, anzi: i biglietti dell’autobus in 20 anni sono passati dalle 1.500 Lire a 1,50€, con aumenti generalizzati a livello nazionale del 94%, e picchi insostenibili del 158% registrati nella sola città di Milano.

Sul fronte bollette, poi, i prezzi sono saliti alle stelle tanto da diventare l’incubo di molte famiglie italiane. Sempre il Codacons pubblica i dati della sua indagine e afferma senza pietà che: “In 20 anni la spesa per l’energia elettrica è cresciuta del 360%: nel 2001 una famiglia media con un contatore da 3 KW aveva in bolletta un prezzo per kW/h pari a 0,045€, mentre nel 2021 quel prezzo è lievitato fino a 0,34€. Influiscono ovviamente le variazioni nei mercati all’ingrosso degli idrocarburi, anche se spiegano solo in parte questa crescita. C’è da considerare infatti la questione degli oneri di sistema, nella quale nel tempo sono confluiti i corrispettivi inclusi nella bolletta per il finanziamento degli incentivi alle fonti rinnovabili e che in situazioni di ordinarietà pesa sino al 25% della bolletta elettrica.” L’unica (magra) consolazione ce la dà sempre il Codacons: tra il 2019 e il 2020 i prezzi in linea generale hanno subito una diminuzione dello 0,1%.

Treni: l’aumento dei biglietti

Le compagnie ferroviarie non sono state da meno: se nel 1997 si poteva acquistare un abbonamento mensile con circa 80.000 Lire – a seconda delle tratte ovviamente – ad oggi ci vogliono almeno 88€, con un aumento medio del 110%. A fronte dell’andamento dell’inflazione, l’aumento si sarebbe dovuto attestare intorno al 40%, tanto per essere precisi. Ma soprattutto, i rincari, sono giustificati almeno da un miglioramento dei servizi? La risposta è ben nota. Soprattutto ai pendolari.

Pizza e caffè: boom di rincari con l’Euro

Gli italiani, noti per la propensione al risparmio, non hanno mai rinunciato a uscite con gli amici, pizza da soli o in famiglia e soprattutto al caffè al bar prima di cominciare la giornata. Ed è proprio su questo tipo di abitudini che sono stati “mazziati” di più. Se nel 1998 una pizza margherita costava tra le 5 e le 6.000 Lire, oggi per acquistarla ci vogliono 7-8€, che tradotto significa un rincaro medio del 104%. La tazzina di caffè, nel 2000 costava ancora 0,90 centesimi, oggi la paghiamo 1-1,10€, ovvero il 124% in più. Ciò che è evidente è che i rincari non sono dovuti all’andamento dei prezzi al dettaglio del mercato. Hanno seguito una logica tutta loro, autorizzata – viene da chiedersi – chissà da chi.

Abbiamo però una certezza. Di fronte di aumenti di stipendi irrisori, le famiglie non trovano più le risorse né per il divertimento né per sopperire a costi fissi come affitti, trasporti e utenze. I prezzi sono aumentati mediamente dell’84% anche in tutto il comparto alimentare. Il consumo di pane, ad esempio, ha subito una brusca frenata. Forse perché prima dell’Euro costava 1.000 Lire al chilo, adesso siamo intorno ai 3.48€ al chilo. La dieta mediterranea, una volta considerata genuina ma “povera” adesso sembra stia diventando prerogativa di nicchia. Solamente i prezzi di una nota catena di fast food sono invece diminuiti nel tempo in rapporto all’inflazione.

Aumenti anche nel comparto Hi-tech ed elettronica di consumo

Sebbene si sia portati a credere che con l’evoluzione della tecnologia si vada a renderla più accessibile a tutti, in realtà anche il prezzo di elettrodomestici, televisori e telefoni non ha conosciuto troppi ribassi negli ultimi 20 anni. Tralasciando il settore dei cellulari (per forza di cose i modelli del 2000 non possono essere paragonati a quelli di oggi), si sono visti aumenti di prezzo anche per i dispositivi utilizzati quotidianamente in ogni casa: frigoriferi e lavatrici costano mediamente il 70% in più, ma una buona notizia arriva dai Pc, che costano quasi il 50% in meno. Questo grazie all’entrata nel mercato di produttori sempre più competitivi.

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Con l’Euro risparmio azzerato

L’indice che rivela più di tutti il cambiamento delle abitudini degli italiani è quello tasso di risparmio. Secondo l’OCSE, che calcola il reddito disponibile delle famiglie di tutti i Paesi dal 2000 al 2020, l’Italia ha perso il 12,5%: con un volume di risparmio intorno al 15% degli anni 90, ad oggi si attesta al 2,5%. Un picco in alto si è verificato nel 2020, ma tutti sappiamo che è dovuto alla politica del lockdown, che di fatto ha impedito determinati tipi di consumi.

Prodi  all’epoca celebrava l’avvento dell’Euro con queste parole: “Questa rinuncia alla sovranità è uno degli atti di cambiamento della natura stessa dello stato moderno (…) e lo stesso atto di rinuncia alla moneta nazionale non ha precedenti” su di una cosa aveva perfettamente ragione: il cambiamento epocale è avvenuto, e a guadagnarci non sono stati né i cittadini italiani né i commercianti tacciati come colpevoli dei rincari. Basta guardare il numero dei fallimenti o trasferimento all’estero di una miriade di piccole, medie e grandi imprese.

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