Reperibilità e pronta disponibilità: le regole della chiamata fuori orario

Un’eventualità prevista per alcune mansioni specifiche la reperibilità. La quale, per questo, è stabilita in base a precise prerogative del Ccnl.

Reperibilità fuori orario
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Non per tutti i lavori vige l’integrazione della chiamata fuori orario. Laddove è prevista, tuttavia, è bene capire come vada a funzionare la cosiddetta “pronta disponibilità” quando si è in regime di reperibilità lavorativa. Un’eventualità che potrebbe tramutarsi in chiamata concreta, nel momento in cui dovessero sorgere problematiche tali da renderla necessaria. La reperibilità, infatti, impone al lavoratore di raggiungere il luogo della sua mansione entro un preciso termine temporale (se richiesto dal datore di lavoro) concordato preventivamente. Si tratta a tutti gli effetti di orario di lavoro, regolarmente svolto e, per questo, computato con le prerogative del Contratto collettivo di riferimento.

Qualora venga superato il limite della giornata lavorativa ordinaria, gli sconfinamenti figureranno come straordinario. In entrambi i casi, andranno comunque rispettate le pause tra le giornate stabilite dal Ccnl applicabile e quelle dello Statuto dei lavoratori. Un bilanciamento che, però, dovrà tenere conto anche dell’istituto del lavoro. Andrà quindi stabilita una sorta di linea guida entro la quale muoversi e ottenere le indennità previste.

Reperibilità, come funziona la pronta disponibilità secondo il Ccnl

L’eventuale chiamata prevista dal regime di reperibilità, prevede una retribuzione legata anche alle conseguenze di altrettanto eventuali ritardi o, addirittura, mancati interventi. Stesso discorso per la collocazione temporale e la durata del periodo di reperibilità. Influiranno anche la tipologia di abbigliamento e persino i tempi di risposta. In pratica, la pronta disponibilità sarà tale sia di nome che di fatto. Con precise conseguenze in caso non fossero rispettate tali prerogative. Del resto, la contrattazione collettiva prevede un’indennità, stabilita dalle parti o anche dal giudice. E corrisposta nel momento in cui il dipendente assume l’obbligo, figurando come un’aggiunta alla consueta retribuzione. Va però precisato, seguendo le indicazioni della Cassazione, che la reperibilità fuori orario non figura come una mansione vera e propria.

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In pratica, tale regime non potrà essere considerato una mansione nel senso tecnico-giuridico del termine. Andrà piuttosto figurato come un’integrazione a un obbligo accessorio, intermedio per un lavoratore che sia preposto a un servizio. Va inoltre precisato che la riduzione temporale dell’obbligo, così come quella quantitativa del compenso, non saranno in contrasto con il Codice Civile. Sempre secondo la Cassazione, la reperibilità dovrà prevedere obbligatoriamente una compensazione di un giorno di riposo. L’obbligo, del resto, è anche connesso alla possibilità di assenza dal lavoro, a patto che durante tale periodo sia garantita sia la sicurezza dei materiali che dei locali. Per quanto riguarda l’indennità, essa sarà commisurata a quanto previsto dai Ccnl di riferimento. Non sarà comunque al di sotto dell’importo stabilito dal decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Con tanto di assoggettamento alla contribuzione previdenziale, prevista per l’ammontare effettivo.

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