Lavorare senza Green Pass: esistono delle eccezioni? Facciamo chiarezza

Esistono dei casi di esenzione dal Green Pass? Alcune circostanze possono permetterlo ma sotto precise e rigide regolamentazioni.

Green Pass lavoro
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L’introduzione del Green Pass ha finora prodotto alcuni effetti precisi, oltre alle proteste. Fra questi, la principale è naturalmente l’obbligatorietà per poter svolgere il proprio lavoro. Dal 15 ottobre, la certificazione verde che appura la vaccinazione, l’essere guariti dal Covid oppure la negatività a esso accompagna ogni giornata lavorativa, a meno di non essere ancora in smart working. Eppure, nemmeno questo strumento pare essere esente da qualche dubbio. Innanzitutto sulle sue scadenze ma anche sulle declinazioni a contesti lavorativi particolari. E proprio qui cade uno dei punti fondamentali della questione: il Green Pass è necessario davvero in tutti i lavori?

Teoricamente è così. Accedere a un lavoro in sede richiede l’esibizione tassativa della certificazione, pena l’allontanamento e la condizione di assenza ingiustificata, in grado di produrre effetti alla lunga deleteri su tutta la propria mansione (diritti compresi). Tuttavia, alcune particolare condizioni potrebbero consentire lo stesso l’accesso al proprio ufficio. Ad esempio, nel caso in cui il Green Pass sia in una situazione di aggiornamento: una situazione che di fatto lo renderebbe comunque valido e il lavoratore potrà sfuggire alla penalità prevista.

Green Pass, i casi di tolleranza: cosa fare

L’ultima citata è una situazione in realtà piuttosto frequente. Un tampone fatto di recente, ad esempio, potrebbe richiedere più tempo del previsto per aggiornare la certificazione, mentre il ritorno in ufficio è ormai imminente. In questi casi, il lavoratore potrebbe esibire dei certificati cartacei o digitali rilasciati dalle autorità sanitarie o dalle farmacie in luogo del QR Code. Altro caso, forse più lampante, gli esenti dal vaccino. Una condizione regolamentata dalla circolare numero 0035309 del Ministero della Salute, con successivi aggiornamenti, nella quale si precisa chi è il destinatario dell’esenzione. Si tratta di persone con determinate condizioni cliniche, che possono (in maniera documentata) comportare dei rischi o delle controindicazioni al vaccino.

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Chiaramente, una situazione di questo tipo dovrà essere dimostrata con apposite certificazioni e documenti sanitari che le comprovino. A scanso di equivoci, è bene però precisare che anche costoro dovranno rispettare le norme di protezione. Anche lo svolgimento di un tampone può essere utile. A ogni modo, le certificazioni in questione possono essere rilasciate (gratuitamente) dai medici generali o vaccinatori (o anche pediatri) del Sistema sanitario, includendo tutti i dati necessari, tra cui gli identificativi anagrafici, la data di fine validità della certificazione e i dati relativi al Servizio vaccinale (o del SSR) in cui il medico opera come vaccinatore. Fondamentale anche il numero di iscrizione all’ordine o il codice fiscale del medico che firma la certificazione. Viene inoltre specificato che lo svolgimento di test sierologici non è raccomandata al fine del processo decisionale sul vaccino. Una volta ottenuta la certificazione da esenzione, il dipendente non sarà tenuto all’esibizione del Green Pass. Ma la documentazione sanitaria sì.

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