Il covid stravolge le pensioni: l’impatto sugli assegni e sull’età pensionabile

Gli importi delle pensioni e i criteri per l’età pensionabile hanno subito delle variazioni in seguito all’avvento del covid. Vediamo cos’è cambiato

Pensioni
Fonte Adobe

Il Covid ha avuto delle ripercussioni sulla maggior parte degli aspetti della quotidianità, tra cui pure le pensioni. Infatti, con il drammatico aumento delle morti nell’ultimo anno e mezzo, la speranza di vita si è abbassata e si attesta sugli 82 anni. 

Per effetto di ciò, sia l’uscita dal mondo del lavoro, sia l’importo degli assegni mensili hanno subito delle variazioni. Cerchiamo di scrutare questi cambiamenti, per capire in che modo è mutata la situazione per i diretti interessati.

Pensioni: come sono cambiate con l’arrivo del Covid

Dal 2023 scatterà il nuovo adeguamento calcolato sulla base del tasso di mortalità del 2020. Quindi se questo andamento fosse confermato nel biennio 2023-2024 si dovrebbe registrare un lieve incremento dell’importo degli assegni per chi esce dal mondo del lavoro in quel periodo.

Si tratta della prima storica volta che all’orizzonte si prospetta uno scenario simile. Negli ultimi anni infatti tutte le revisioni dei coefficienti hanno portato sempre e solo a dei tagli dell’assegno. 

Quindi, anche se sembra paradossale, il Covid in tal senso è stato un “alleato” per i pensionati, che almeno per un po’ potranno godere di cifre più importanti. Al contempo però ciò non comporterà delle variazioni per quanto concerne l’età pensionabile, che dovrebbe attestarsi comunque sui 67 anni per il biennio 2023-2024.

Per i due anni successivi si dovrebbe salire solo di due mesi per poi arrivare a toccare i 68 anni nel 2033. La tanto attesa riforma del sistema previdenziale però potrebbe cambiare le carte in tavola. D’altronde Quota 100 è destinata a sparire al termine dell’anno e al momento c’è un vuoto legislativo piuttosto pesante.

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L’introduzione di Quota 102 sembra una delle piste più calde, così come quella dell’anticipo pensionistico solo per alcune categorie di lavoratori. Un compromesso potrebbe essere l’uscita anticipata a 63 anni con almeno 35 anni di contributi versati e un conseguente decurtamento sull’assegno pensionistico che può oscillare tra il 2 e il 3%. Nei prossimi mesi ne sapremo di più, nel frattempo gli italiani attendono alla finestra speranzosi.

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