Redditometro non mi spaventi: il “terzo grado” si può evitare

Il redditometro è in arrivo e porterà con sé i serrati controlli del Fisco per verificare la capacità di spesa delle famiglie. 

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Ritorno non gradito quello del redditometro, lo strumento in mano al Fisco volto al controllo delle spese delle famiglie per appurare la corrispondenza tra redditi dichiarati e tenore di vita. Lo avevamo lasciato, con piacere, nel 2018 e la notizia della sua ricomparsa sta facendo storcere il naso a tante persone. Pur non avendo nulla da nascondere, l’idea del “terzo grado” a cui si sarà sottoposti non piace anche perché intacca la tutela della privacy tanto decantata. Questo ritorno al passato si può, comunque, prevenire attraverso la richiesta di una istanza.

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Il redditometro in breve

Conoscere bene il nemico è utile per affrontarlo ed annientarlo. Per non lasciarci spaventare dal redditometro occorre sapere cos’è e come funziona. Si tratta di uno strumento in grado di misurare la capacità di spesa delle famiglie al fine di verificare la corrispondenza tra redditi dichiarati e tenore di vita. Gli accertamenti partiranno, nello specifico, qualora venisse rilevato un discostamento del 20% tra redditi dichiarati e ricostruiti. 

Il redditometro eseguirà il calcolo basandosi sul saldo ad inizio anno e alla fine dell’anno, sulla somma dei movimenti in entrata e in uscita e sulla giacenza media. Utilizzando questi elementi, il Fisco dovrebbe riuscire a scovare i redditi in nero. I controlli partiranno dopo una valutazione dei prelievi. Nel caso dei privati cittadini, i limiti sono compresi tra i 500 e i mille euro giornalieri e dai 2 mila ai 3 mila euro mensili mentre per l’esercizio di impresa i prelievi sospetti saranno quelli superiori ai mille euro giornalieri e ai 5 mila euro mensili.

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Come anticipare le mosse del Fisco

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Esiste una possibilità per il contribuente di prevenire le mosse del Fisco e di conoscere in anticipo i dati e le informazioni che verranno verificate attraverso il redditometro. Tale possibilità fa riferimento alle banche dati appartenenti all’anagrafe tributaria e ad una istanza da presentare per poter avere accesso alla documentazione comprensiva di tutte le informazioni riguardanti le proprie attività.

Il contribuente, dunque, potrà conoscere le spese effettuate che saranno considerate per ricostruire il reddito complessivo. La procedura è autorizzata dato che ha come motivazione l’interesse volto alla conoscenza dei dati a disposizione del Fisco per poter anticipare un accertamento sintetico del reddito.

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La richiesta dell’istanza, ecco come inoltrarla

Il contribuente ha due opzioni per inoltrare la richiesta dell’istanza, una informale e una formale. La strada migliore è quella formale e prevede la compilazione di una istanza scritta. Il modulo da compilare si trova sul sito dell’Agenzia delle Entrate e una volta redatto in ogni sua parte si dovrà inviare tramite PEC, Posta Elettronica Certificata, oppure tramite raccomandata (meglio con ricevuta di ritorno) o consegnata a mano.

Occorre sapere che l’ente di riferimento potrebbe respingere l’istanza così come potrebbe differire l’accesso ai dati con un provvedimento motivato. Il riferimento è alla Legge 241 del 1990, articolo 24 e al provvedimento direttoriale del 4 agosto 2020. Il contribuente dovrebbe fare ricorso alla Commissione per l’Accesso per sperare che il “no” si trasformi in “sì”. In caso di approvazione, invece, il contribuente potrà visionare la documentazione che avrà parti oscurate qualora contenesse informazioni relative a terzi.

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