Disoccupazione, licenziarsi non preclude il beneficio: ecco perché

Cosa succede quando è un dipendente a scegliere di licenziarsi? L’indennità di disoccupazione può essere percepita? In alcuni casi…

Disoccupazione
Foto © AdobeStock

Giusta causa o giusto motivo. Le ragioni di un licenziamento dal posto di lavoro devono per forza di cose passare sotto la lente specifica pensata per sciogliere questo tipo di situazioni. E, nel momento in cui si perde il proprio lavoro, inizia l’affannosa ricerca di un nuovo impiego, nei meandri delle offerte e con la speranza di risolvere presto la fase di stallo. Fra l’uno e l’altro impiego, tuttavia, vige un periodo di interregno durante il quale, indipendentemente da ciò che è accaduto, il lavoratore può accedere all’indennità di disoccupazione, la cosiddetta Naspi.

Una misura prevista in ogni caso, a quanto pare anche quando la decisione di interrompere l’attività lavorativa venga presa dal lavoratore stesso. Ossia, nel momento in cui il dipendente sceglie di sua spontanea volontà di licenziarsi dal suo impiego. In questa circostanza, proprio in virtù di una scelta ponderata, tendenzialmente il trattamento non spetterebbe. Tuttavia, in alcuni casi particolari, l’indennità di disoccupazione scatta comunque a tutela del lavoratore.

LEGGI ANCHE >>> Contributi figurativi in disoccupazione: le regole per l’accredito

Disoccupazione, a chi va la Naspi quando ci si licenzia

Qui, naturalmente, non si parla di circostanze di forza maggiore, indipendenti dalla volontà del lavoratore. E’ bene ricordare che la Naspi viene riconosciuta a seguito di specifica domanda, la quale dovrà essere accettata dai revisori sulla base della tipologia di contratto e sullo stipendio percepito. Questo vale solitamente per coloro che hanno perso il lavoro per fattori indipendenti dalla propria volontà. Per gli altri, invece, la situazione è diversa. L’accesso alla disoccupazione per chi si licenzia di sua volontà scatta in alcune circostanze senza entrare in conflitto con la regola base della Naspi. Questo perché, in realtà, anche le dimissioni possono arrivare per giusta causa, in quanto le ragioni che lo hanno spinto a licenziarsi sono esterne alla sua volontà.

LEGGI ANCHE >>> Lavoro e Covid, un’antitesi: la disoccupazione a livelli vertiginosi

Naspi, quando è escluso chi si licenzia

A diradare le nubi arriva la sentenza 269/2002, rafforzata dalla circolare 97 dell’Inps, uscita qualche mese dopo. Quando le dimissioni arrivano per cause di forza maggiore, come ad esempio il subire atteggiamenti di mobbing, oppure una particolare condizione fisica, lo stato di salute e addirittura discriminazioni, l’indennità di disoccupazione può essere riconosciuta. In tutti gli altri casi (passaggio a un nuovo impiego, ecc.) bisognerà mettersi l’anima in pace. Il diritto alla Naspi non maturerà.

Impostazioni privacy