Facebook Ads, questione di pubblicità: quanto vale la privacy di un utente

Facebook non cambia abitudini e resta ancorato alla concezione primigenia dei social network. Ma, al tempo stesso, prosegue sulla strada degli algoritmi.

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Foto di Firmbee da Pixabay

E’ ancora il re dei social network Facebook, se non altro perché capostipite di quella che oggi è forse la branca più potente della comunicazione. Certo, negli anni numerose altre piattaforme si sono perfezionate quel tanto che basta per sopravanzare la creatura di Mark Zuckerberg per quanto riguarda il gradimento degli utenti. Una deriva forse inevitabile visto il cambiamento abbastanza repentino del modo di agire su internet, soprattutto dei più giovani. Oggi l’obiettivo non è più quello di un decennio fa: fare comunità, scambiarsi contenuti, tenersi in contatto. Il trend dei millennials si affaccia su altri lidi: condivisione, condivisione e condivisione.

Foto innanzitutto, molto più efficaci dei messaggi. Video possibilmente, rapidi e immediati. E, perché no, magari raggiungere quel grado di followers che potrebbe consentire di arrivare, un giorno, a monetizzare con le proprie attività social. In questo senso, Facebook sembra essere rimasto ancorato a un romantico passato, offrendo sì le potenzialità dei social più gettonati ma, al tempo stesso, rimanendo legato alle ragioni per cui è stato creato. Senza contare le complicate vicende degli ultimi anni, dallo scandalo Cambridge Analytica alle difficoltà nel recuperare terreno sul piano della privacy.

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Facebook Ads, questione di pubblicità: come funziona

“Facebook è gratis e lo sarà sempre”. Recita così lo slogan dell’homepage e, in effetti, nessuno ha mai chiesto un soldo per la creazione di un account. Ciò che alimenta la vita del social sono le pubblicità, messe al punto giusto e funzionali al target di riferimento grazie a precisi algoritmi. Grazie ai quali, a seconda dei trend di ricerca di un utente, è possibile offrire una pubblicità ad hoc, potenzialmente interessante per chi naviga. In questo caso si parla di Facebook Ads, ovvero la funzionalità che consente a chiunque di veicolare la propria pubblicità attraverso il social.

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Se si osservano le entrate riferite ai soli Stati Uniti e Canada, quelli di Menlo Park hanno messo a referto 26 miliardi di dollari solo nel primo trimestre del 2021, 48 dollari in media per ogni utente, 16 al mese ad account. L’indicazione, al di là delle cifre, è significativa: nonostante la questione di Cambridge Analytica, Facebook non ha assunto posizioni definitive circa la limitazione del tracciamento dei dati. Del resto, Facebook Ads si “nutre” proprio delle attività dell’utente che, attraverso l’osservazione dei propri dati, riceve pubblicità mirate. Questo permette sia di capire in che modo le nostre navigazioni in rete producano denaro per il social, sia di arrivare a comprendere quanto importanti siano le operazioni di tracciamento. Un controllo in tutto e per tutto. Utile, almeno sulla carta, a creare business e occasioni. Ma con un che di inquietante.

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