Diritto alla riparazione, venti di primavera: cosa è cambiato dall’1 marzo

Una possibilità per i consumatori regolamentata dall’Unione europea: la riparazione come strategia per ridurre l’impatto ambientale e anche i costi.

Riparazioni elettrodomestici
Foto di Photo Mix da Pixabay

Diritto alla riparazione? Forse non tutti lo sanno ma dall’1 marzo qualcosa è cambiato sotto questo aspetto. Un incentivo alle spese ma anche un deterrente a quelle di riacquisto se c’è possibilità di mantenersi il proprio elettrodomestico senza gravare ulteriormente sul proprio portafogli. Di diritto si tratta infatti, con tanto di Regolamento (il 2021/341 dell’Unione europea) che prevede il contributo di professionisti (messi a disposizione dai produttori) per sopperire a eventuali disfunzioni del dispositivo casalingo. E anche per un periodo piuttosto lungo: 7-10 anni dalla messa in vendita.

Una sorta di bonus quindi, che consentirà di effettuare riparazioni senza costi aggiuntivi e con possibilità di accedere a pezzi di ricambio stanziati in regime di obbligatorietà da parte delle aziende. Un doppio vantaggio per gli utenti, considerando che molte volte i pezzi di ricambio sono rari (addirittura introvabili in qualche circostanza). E soprattutto ragionando sul fatto che effettuare una riparazione potrebbe essere complicato senza pezzi di serie. Men che meno senza istruzioni.

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Diritto alla riparazione, venti di primavera: cosa è cambiato dall’1 marzo

A livello tecnico si chiama “right to repair”. Più prossimamente, si parla di riparazioni ma anche di aggiustamenti fatti in casa. In pratica, assieme ai tecnici, le aziende mettono a disposizione dei pezzi di ricambio accompagnati da relative istruzioni che consentono di procedere alla riparazione del proprio elettrodomestico in totale autonomia. L’ordine viene effettuato direttamente tramite l’azienda, con tempi stimati di consegna pari a circa 15 giorni lavorativi.

Le riparazioni possono essere effettuate su una vasta serie di elettrodomestici, dalle lavastoviglie alla lavatrici finanche ai computer portatili e ai televisori. Tutto in un’ottica europea naturalmente: riparare un elettrodomestico, infatti, significa ridurre la produzione di rifiuti elettronici (53 milioni di tonnellate prodotte nel 2019, come riferito dalle Nazioni Unite). E anche offrire quindi un contributo alla politica di sostenibilità voluta dalla Commissione Von der Leyen come pietra d’angolo della nuova Europa.

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