Puntava forte al casinò ma i soldi non erano suoi: ora rischia grosso

L’imprenditore è accusato di evasione fiscale e bancarotta fraudolenta. Avrebbe utilizzato cifre astronomiche della sua società (poi fallita) per scopi personali. Fra cui il casinò.

Casinò
Foto di meineresterampe da Pixabay

Una vicenda, quella capitata a Saluzzo, in Piemonte, che per certi versi fa tornare alla mente una celebre scenda de Il secondo tragico Fantozzi. Lo sketch d’apertura in particolare, quando il buon ragioniere è il fortunato accompagnatore del Duca Conte alle sue notti di gioco a Montecarlo e sceglie di viaggiare in seconda classe “per non gravare sul bilancio della società“. Ecco, qui sarebbe accaduto esattamente il contrario.

La Guardia di Finanza, infatti, ha accusato un imprenditore piemontese di evasione fiscale milionaria e bancarotta fraudolenta, in quanto avrebbe utilizzato il denaro della società per giocarselo alla roulette e altri giochi da casinò. La contestazione riguarda addirittura la somma astronomica di 3 milioni di euro che l’uomo, a capo della società (in seguito fallita), avrebbe usato per scopi personali.

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Puntava forte al casinò ma i soldi erano dell’azienda: l’incredibile vicenda

La vicenda è in realtà roba vecchia. Addirittura al 2014, infatti, risale l’accusa rivolta contro l’imprenditore di aver falsificato delle polizze vita, emettendole a nome delle altre società mentre le risorse economiche societarie erano impiegate per soddisfare “esigenze” personali. Da lì era scaturita una condanna per truffa, mentre le Fiamme gialle procedevano all’esame delle dichiarazioni reddituali, scoprendo come l’evasione fosse addirittura di 6 milioni di euro.

Ora, a distanza di sette anni, si chiude il nuovo capitolo della vicenda. Il tutto mentre gli inquirenti starebbero tuttora calcolando la portata del dissesto finanziario che ha provocato la messa in liquidazione della società. In totale, il buco arriverebbe addirittura a 10 milioni euro. I finanzieri hanno rinvenuto e tracciato numerosissimi prelievi e versamenti, anche in contanti, nelle varie contabilità dell’uomo e della sua azienda dichiarata già fallita. Transazioni e movimenti delle quali, tuttavia, l’indagato non avrebbe saputo dar conto, né su provenienza né su destinatari eventuali. Di certo, ora il rischio è grosso.

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