Lavoro, da orario full time a part-time, cosa succede se rifiuti

La pandemia ha creato una grave crisi nel mondo del lavoro. Le imprese, nonostante gli aiuti introdotti dall’esecutivo, faticano sempre più nel mandare avanti la propria attività ed i contratti di lavoro dei dipendenti.
Ed è in questo periodo che, al fine di assicurare il posto di lavoro al dipendente, viene chiesto una riduzione delle ore di lavoro, magari con la trasformazione del contratto da full time a part time.

Il datore di lavoro che limiti può incontrare?

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Limiti alla trasformazione del contratto di lavoro

Il datore di lavoro, in tema di trasformazione del rapporto di lavoro, senza il consenso del dipendente non può trasformare un contratto full time in uno part time.

Di conseguenza, l’eventuale rifiuto del dipendente non costituisce una causa di licenziamento. 

La Cassazione dichiara che, ai fini della legittimità della trasformazione del rapporto di lavoro da fulltime a parttime, è necessario il consenso scritto di entrambe le parti.

E’ possibile la trasformazione di un full time in part time solo se ciò serve per evitare il licenziamento del dipendente.

In questo caso la trasformazione di un rapporto di lavoro da fulltime a parttime produce degli effetti, come per esempio per gli scatti di anzianità, i quali saranno corrisposti in misura ridotta, proporzionalmente al minor numero di ore lavorate.

La Cassazione ha ritenuto che, in caso di calo dei profitti, una piccola impresa è legittimata a modificare i contratti di alcuni dipendenti, trasformandoli da full-time in part-time. Ed è giustificata altresì, la decisione del datore di lavoro di licenziare il lavoratore che non accetta il passaggio al part-time.

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