Conto corrente, attenti alla giacenza: a gennaio arriva la mazzata

Gli accumuli di denaro non investito su conto corrente rischia di portare conseguenze nefaste. Ma ci sono casi di esenzione dall’imposta di bollo.

Tassa conto corrente
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Mai come quest’anno il tema dei soldi è stato rilevante. Non che prima non lo fosse ma, vista la situazione legata alla pandemia, il limite fra risparmio e spesa è diventato quanto mai importante da tenere d’occhio. Specie per coloro che, inavvertitamente, superano il limite di giacenza al di sotto del quale vengono risparmiati dei costi specifici, come l’imposta di bollo. La soglia resta quella dei 5 mila euro, valida sia per il normale conto corrente che per altri strumenti di risparmio, come i libretti postali. Si tratta di una tassa applicata paria a 34,20 euro per le persone fisiche e 100 euro per le aziende. Nulla che non si sappia ma qualcosa che molto spesso si dimentica.

Specie in un momento storico come questo, la tendenza al risparmio si è via via intensificata. Tanto che, nel 2021, l’Italia ha raggiunto livelli record di giacenze su conto corrente, tali da preoccupare i vari istituti di credito. Non tanto per le conseguenze legate a un accumulo troppo consistente, quanto per i costi di gestione inevitabili per degli importi troppo elevati e infruttuosi. Per questo, a più riprese, è stato consigliato di muovere i risparmi su strumenti di investimento anche semplici (come i buoni postali), in grado di garantire una rendita e impedire che il denaro provochi pericolosi effetti di stagnazione.

Conto corrente, quando non si applica l’imposta di bollo

Se il trend non cambierà, il 2022 rischia di essere un anno topico sul fronte delle tassazioni. Non certo una bella notizia se si considera che praticamente ogni ambito della vita quotidiana ha fatto i conti con pesanti rincari. Nemmeno il bollo sul conto deposito ha fatto eccezione: la tassa sull’importo delle persone fisiche, infatti, è passata dall’1,5 al 2 per mille della somma investita. Un quadro che, almeno in teoria, dovrebbe scoraggiare i risparmiatori dal cedere alla tentazione di immobilizzare il proprio denaro per avere maggiore liquidità in caso la situazione peggiori. Anche perché, vista l’applicazione di costi aggiuntivi, è chiaro che le cose non vanno proprio in questo modo. E l’imposta di bollo adottata nel 2012 dal Governo Monti continua a gravare tanto sugli estratti conto quanto sui rendiconti dei libretti di risparmio. E anche su alcuni prodotti finanziari.

L’imposta di bollo, quindi, si paga nel caso in cui le giacenze sui vari prodotti di gestione del denaro finiscano per superare una certa soglia. Chiaramente, nel caso in cui tali condizioni non dovessero manifestarsi, la tassa non sarebbe applicata. Il rispetto della soglia limite non è comunque l’unica condizione per evitare la batosta (a fine anno). In effetti, l’imposta non si applica né in caso di rapporti fra enti gestori e confidi né agli organismi senza scopo di lucro a carattere associativo.

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I confidi vengono quindi esclusi dai 34,20 euro ma non dalle commissioni previste su strumenti quali assegni, ricevute bancarie e contratti. Va ricordato che il calcolo del valore della giacenza si ottiene sommando i saldi giornalieri del conto corrente e dividendo il tutto per i giorni di rendicontazione. Gli unici casi di esenzione riguardano gli estratti conto e i libretti con saldo a zero o comunque al di sotto dei 5 mila euro. Oppure in caso di esclusione del titolare dalle spese sia bancarie che postali, in quanto con Isee al di sotto dei 7.500 euro.

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