Tregua fiscale, cambia tutto con il decreto di Marzo 2023: le modifiche introdotte

Tregua fiscale, il governo ha deciso di modificare alcuni aspetti della definizione agevolata con un nuovo decreto approvato qualche giorno fa. Vediamo nel dettaglio cosa cambia. 

Il governo Meloni, nella legge di bilancio 2023, ha deciso di inserire quella che i giornali italiani hanno finito ben presto con il chiamare Tregua Fiscale.

tregua fiscale
ContoCorrente

Un nome per definire una serie di provvedimenti intrapresi dall’esecutivo di centrodestra, il cui scopo è quello di far regolarizzare ai cittadini le loro posizioni pendenti con il fisco, permettendogli di evitare il pagamento di more e sanzioni. 

Una grande opportunità estesa anche ai cittadini che hanno ancora processi tributari in corso. Tramite misure come la definizione agevolata, prevista nella Rottamazione Quater, diventa infatti possibile saldare i propri debiti, e vedere così le proprie cartelle esattoriali cancellate, senza dover corrispondere quote in eccedenza a quanto dovuto a titolo di multa. Provvedimenti che in realtà hanno fatto storcere il naso all’opposizione, convinta che questo condono fiscale sia un beneficio illegittimo verso chi ha tentato di vedere quanto dovuto al fisco italiano. 

Tregua fiscale, cosa dice il nuovo decreto appena approvato dal governo

Il 28 marzo 2023 il Consiglio dei Ministri ha approvato delle misure in un nuovo decreto legge, che contiene anche alcune novità in merito a questa tregua fiscale.

Nel comunicato stampa di palazzo Chigi, si può infatti leggere come si è deciso di apportare alcune modifiche sulla definizione agevolata, e sull’iter che provvede all’accertamento. 

In primo luogo, nel decreto si è deciso di prorogare il termine ultimo previsto affinché il contribuente possa definire la sua acquiescenza, definendo anche tali tutto gli atti non ancora impugnati. Ma anche quelli che risultano impugnabili alla data del 1 Gennaio 2023, e che visto poi diventare definita la mancata impugnazione tra il 2 e il 31 Gennaio 2023. Si è poi anche deciso di estendere la conciliazione agevolata per tutte le controversie che alla data del 3 Gennaio 2023 risultano ancora pendenti. 

Un’altra modifica ha riguardato gli avvisi di accertamento, di rettifica e di liquidazione in acquiescenza, che sono compresi nel periodo tra il 2 Gennaio e il 31 Gennaio 2022. È stato stabilito nel decreto legge, che in questo particolare caso, tutti gli importi dovuti al fisco possono essere ricalcolati in base alle disposizione inserite nella legge di bilancio, su possibili riduzione delle sanzioni ed eventuali pagamenti rateizzati. 

È stato poi cambiato il processo per regolarizzare omessi pagamenti delle rate, per gli accertamenti con adesione agevolata, conciliazioni giudiziali e reclami. Nel decreto si specifica infatti che adesso i cittadini, per poter regolarizzare la loro posizione in queste situazioni, devono aver ricevuto l’avviso di intimazione entro la data ultima in cui è entrata in vigore la legge di bilancio 2023. 

Il governo ha deciso di rinviare alcune scadenze ormai prossime per molti contribuenti

Si è poi deciso di rinviare alcune scadenze molto importante per la definizione agevolata

  • È stato disposto il rinvio al 31 Ottobre 2023 per il versamento della prima rata previsto per chi ha aderito alla definizione agevolata, per violazioni con il fisco di carattere formale
  • Sono stati modificati i termini di accesso al ravvedimento speciale. La regolarizzazione dovrà adesso avvenire non più entro il 31 Marzo 2023, ma entro il 30 Settembre 2023. 

Dal ravvedimento speciale sono state poi escluse alcune violazioni fiscali, che non danno più diritto a richiederlo. Si tratta di tutte le violazioni che vengono riscontrate sulla dichiarazione dei redditi e su quella Iva tramite i controlli automatici dell’Agenzia delle Entrate. Sono state anche inserite delle vere e proprie esenzioni di punibilità, su alcuni reati tributari. 

Tra queste vi il mancato versamento di ritenute dovute al fisco, oppure non certificate regolarmente, fino all’importo massimo di 150 mila euro. Così come il mancato versamento dell’Iva non viene più punito fiscalmente fino al limite di 250mila euro, e per compensazione di crediti non spettanti fino al limite di 50mila euro. 

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