Caduto un meteorite a Matera: dove si è schiantato

Il meteorite è stato rinvenuto nei pressi di alcune abitazioni. Secondo gli astronomi, è un’importante occasione di studio.

Lo hanno chiamato il meteorite di San Valentino. Avvistato il 14 febbraio, a portata di sguardo per qualunque sia stato abbastanza fortunato da cogliere il momento.

Meteorite San Valentino
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Una fortuna relativa a ogni modo. Le autorità lucane hanno allertato la popolazione circa la presenza dell’oggetto celeste e, soprattutto, dei suoi frammenti. Perché il meteorite è in parte riuscito a superare l’atmosfera terrestre e a lasciare qualche ricordo sul suolo del nostro Pianeta. Per una massa complessiva dei suoi resti non superiore a 500 grammi. Abbastanza, però, per creare qualche danno e un potenziale pericolo per gli abitanti di Matera, dove riconduceva la sua traiettoria. E in effetti i frammenti sono stati trovati, proprio dove si pensava che fossero: a metà strada tra Contrada Rondine e Contrada Serra Panducci, alle porte della città lucana. A riferirlo è stata la rete Prisma, componente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).

Un ritrovamento tutto sommato rapido, ad appena tre giorni dalla caduta dei resti del meteorite di San Valentino. Come riferito all’Ansa dall’astronomo dell’Inaf di Torino, Daniele Gardiol, la presenza di frammenti non contaminati sulla crosta terrestre costituisce un’occasione importante per lo studio sulla formazione dei pianeti. Del resto, come precisato dallo stesso astronomo (coordinatore nazionale, fra l’altro, della rete Prisma), di rado capita di trovarsi di fronte a del materiale così “fresco” e, almeno potenzialmente, rivelatore sui processi di formazione dei corpi celesti.

Trovato il meteorite di San Valentino: i precedenti storici

Quello dei meteoriti è un fenomeno frequente. Tuttavia, non sempre è possibile riuscire ad accedere a un resto “fisico” del materiale roccioso in grado di attraversare l’atmosfera. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, le meteore che transitano nei pressi del nostro Pianeta, abbastanza per entrare nella sua traiettoria, non superano lo step dell’ablazione dovuta al contatto con i gas esterni. Questo rende il passaggio delle meteore distinguibile grazie a strumenti sofisticati di osservazione oppure a occhio nudo ma solo in determinati casi. Chiaramente, anche in tempi recenti è accaduto che qualche corpo celeste fosse in grado di oltrepassare la barriera atmosferica. Lasciando quindi, sulla Terra, segni evidenti dello schianto di frammenti di grandi dimensioni. Un caso emblematico è quello di Campo del Cielo, in Argentina, area estremamente ricca di frammenti meteoritici. Il più grande dei quali da 50 metri di diametro.

I grandi ritrovamenti

Nel 1959 è stato avviato un apposito sistema di rilevamento degli eventi legati al passaggio delle meteore. E, da tale anno, sono stati in tutto segnalati 40 ritrovamenti, alcuni dei quali anche nel nostro Paese. Quello di Matera, peraltro, è il secondo in appena tre anni, visto che il precedente era avvenuto non più tardi del gennaio 2020, nei pressi di Modena. Gli astronomi avevano avuto anche in precedenza la possibilità di documentare scientificamente la caduta di un meteorite, pur non disponendo di sistemi di osservazione adeguati.

Una prima svolta, in questo senso, arrivò il 2 maggio 1751, quando numerosi testimoni osservarono la caduta di un frammento roccioso nei pressi della città di Hrašćina, in Croazia. In quel momento, le ipotesi circa la possibilità che eventi simili potessero verificarsi trovò una prima conferma. Pochi anni dopo, uno sciame meteorico interessò la provincia di Siena, provocandola prima pioggia di meteoriti osservata nei secoli a noi più prossimi.

Il cratere di Chicxulub

A ogni modo, bisognerà attendere il 1803, quando in Normandia fu registrata una caduta di “pietre” dal cielo, affinché gli studiosi affermassero per la prima volta la provenienza dei meteoriti dallo spazio. Più di un secolo dopo, all’impatto di un meteorite nella penisola messicana dello Yucatan, a Chicxulub, fu attribuita una possibile spiegazione sull’estinzione di massa del Cretaceo-Paleogene. Una delle più devastanti, che spazzò via la maggior parte delle specie animali e vegetali del Pianeta (inclusi i grandi rettili). La teoria, proposta da Luis e Walter Alvarez alla fine degli anni Settanta, ottenne grande popolarità nei decenni successivi, diventando la più accreditata, oltre che la più affascinante. Da un punto di vista scientifico chiaramente. L’impatto del frammento roccioso (da oltre 10 km di diametro), infatti, avrebbe provocato un cataclisma da disaster movie.

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