Aprire un bar è il vostro sogno? Le stime fanno paura: vediamo quanto conviene

Un lavoro che come immagine, di certo, scatena richiami abbastanza veloci. Un bar, una vita particolare, travolgente. Ma è proprio vero?

Ci sono attività, avventure imprenditoriali, che suscitano da sempre la curiosità del cittadino comune. Alcuni lavori, insomma, sarebbero associati a un particolare modi di vivere, uno stile tutto personale, per intenderci. La realtà, nel concreto, però è ben diversa. In molti casi l’immagine quasi surreale lascia spazio alla realtà cruda e nuda. Il sogno di molti si riduce al solito tentativo di sopravvivenza e si pensa: vale davvero la pena farlo?

Bar
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L’attività in questione, quella che molti guardano come una vera e propria avventura quotidiana può nascondere certo alcune insidie e di certo ne nasconde. Di cosa stiamo parlando? Semplice, il tema è l’apertura eventuale di un bar. Qualcosa che cosi come anticipato è sempre vista in un certo modo ma che in realtà, quotidianamente passa per tutt’altra cosa. Le difficoltà non mancano e di certo non è tutto rosa e fiori per gli stessi cittadini che provano questa particolare impresa imprenditoriale.

Un caffè, un’ottima colazione, la possibilità di servire un drink. Un’attività che a seconda dei momenti della giornata in qualche modo muta le proprie sembianze, dal caffè all’aperitivo passando per un tè con pasticcini. La metamorfosi che soltanto uno specifico tipo di attività può permettere. Il fascino di questa che molti vedono come molto più di una semplice professione è anche in queste piccole cose. Dalla teoria alla pratica, però il discorso si fa un tantino più complicato, la realtà, in certi casi sa essere molto ruvida.

Secondo specifiche stime, valutazioni, riflessioni, per cosi dire, di quelli che sono gli esperti di particolari settori, questo tipo di attività, oggi, potrebbe portare a un discorso generale poco sicuro, un investimento, alla lunga, poco redditizio. La Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) parla di un settore in crisi, con prospettive derivanti dai dati condivisi, di certo poco rassicuranti. Eventuali idee circa la possibilità di aprire una attività in questa fase rischierebbero di finire, con un investimento potenzialmente fallimentare.

La stessa Fipe, in merito alla posizione ribadita precedentemente, circa il rischio nell’avviare una simile attività, ha rilasciato una serie di più che specifici dati, purtroppo abbastanza rivelatori. Migliaia di bar nell’ultimo periodo hanno chiuso i battenti. Parliamo di un settore che impiega circa 300mila persone che negli ultimi dieci anni, tra il 2012 e il 2022 ha visto la chiusura di ben quindicimila attività. Un numero che di certo non può passare in secondo piano.

Aprire un bar è il vostro sogno? Le stime fanno davvero paura a chi vorrebbe investire

La stessa Fipe, prevede che nei prossimi cinque anni un bar su due e destinato a chiudere. Al di la di ogni discorso riguardante la condizione attuale della nostra società, la crisi e quant’altro, c’è da riflettere sulla stessa fisionomia dell’attività specifica. La competizione sempre più netta e incessante tra attività commerciali pressoché identiche che alla fine finisce per danneggiare ogni tipo di realtà. Tanti, troppi sacrifici per un ritorno economico che alla fine non arriva quasi mai.

Oggi poi bisogna considerare quelle che sono le difficoltà riscontrabili, grazie alla crisi in ogni altro ambito. Pensiamo ai canoni di locazione, in aumento, alle utenze di luce e gas, raddoppiate in quanto a importi nell’ultimo anno. I prezzi di ogni bene di genere alimentare, schizzato alle stelle, al dettaglio e chiaramente anche all’ingrosso. Conviene quindi, oggi avventurarsi in un genere di attività simile? Su questo si interroga Fipe.

In ogni caso per chi volesse intraprendere questo tipo di percorso è bene sapere che cosi come ben spiegato da numerosi canali web del settore, esistono una serie di requisiti morali e professionali, per cosi dire, oltre a uno specifico iter burocratico da affrontare prima di potersi dire ufficialmente proprietari di un bar. Possiamo infatti considerare tali specifici requisiti:

  • L’apertura di un’attività commerciale è subordinata al possesso dei requisiti soggettivi (morali e professionali) previsti dall’art. 71 del Decreto Legislativo 26 Marzo 210, n. 59/2010. Per quanto riguarda i requisiti professionali, sono previsti i seguenti casi (in alternativa):
    – aver esercitato 2 anni negli ultimi 5 in qualità di titolare, socio, dipendente qualificato o collaboratore in analoga attività;
    possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o titoli di studio attinenti;
    – avere frequentato un corso professionale SAB per la somministrazione di alimenti e bevande, istituito o riconosciuto dalla Regione;
    – essere stato iscritto al REC (Registro Esercenti il Commercio), per attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande o alla sezione speciale del medesimo registro per la gestione di impresa turistica (salvo cancellazione dal medesimo);
  • Corso di formazione HACCP obbligatorio per il titolare e dipendenti
  • Ricerca di professionisti qualificati per le eventuali verificare circa la destinazione d’uso del locale. Accertarsi che si rispettino, inoltre, norme urbanistiche del comune di riferimento;
  • Progettare e suddividere le aree in considerazione delle norme igieniche applicabili (Bagni, antibagni, rubinetti, dispensatori di sapone, armadietti a doppio scomparto, magazzino, ecc);
  • Progettare e acquistare attrezzature idonee ad uso e contatto alimentare. Provvedere al rilascio delle relative  Dichiarazione di Conformità;
  • Aprire la partita iva e considerare le varie modalità di impresa tra le quali scegliere  (ditta individuale o società), iscriversi alla Camera di Commercio, Iscriversi all’inps ed all’inail.
  • Predisporre il Piano HACCP e Redigere il Manuale di Autocontrollo in conformità alla legislazione cogente in materia di Igiene Alimentare (Reg. CE 852/2004 e Reg. CE 178/2002);
  • Presentare allo sportello unico per le attività produttive (suap) del Comune di appartenenza la SCIA con allegati NIA e Relazione Tecnica;
  • Ottenere una autorizzazione sanitaria dall’Asur di competenza;
  • Aprire una casella di posta elettronica certificata (pec);
  • Chiedere la licenza rilasciata dall’ufficio tecnico di finanza per la vendita di alcolici/superalcolici;
  • Eseguire corsi previsti per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro applicabili;
  • Predisporre valutazione rischi e Piano di evacuazione e emergenza antincendio;

Non parliamo certo di uno scherzo, considerando soltanto l’apertura dell’attività. Ci troviamo cosi come abbastanza immaginabile di fronte a una serie di impegni più che mai importanti da prendere e da tenere sempre in considerazione. Un tipo di attività più che mai impegnativo che in questa fase non vive certo il suo miglior momento. Quindi, alla fine il discorso è, conviene davvero lanciarsi in una simile avventura imprenditoriale? Oggi?

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