ISEE e quoziente familiare, l’uno vale l’altro? Le info per non sbagliare

C’è davvero un’equivalenza fra indicatore ISEE e quoziente familiare? Al netto delle intenzioni, qualche differenza c’è…

Il percorso obbligatorio della dichiarazione dei redditi passa, ogni anno, dai medesimi requisiti. La valutazione della condizione reddituale del nucleo familiare, infatti, presuppone una serie di passaggi ormai standardizzati per il contribuente.

Quoziente familiare Isee
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La pietra d’angolo è rappresentata dall’ISEE, l’indicatore che consente di valutare la condizione economica delle famiglie e, di rimando, di determinare la possibilità di accedere a eventuali agevolazioni o indennità basate sul reddito. Uno strumento tanto comune da far escludere quasi a priori la possibilità (pur esistente) di utilizzare opzioni alternative per la determinazione dello status reddituale di un nucleo familiare. Ad esempio, potrebbero essere presi in considerazione eventuali strumenti “territoriali”, come l’Icef previsto dalla Provincia autonoma di Trento, piuttosto che il modello Durp dell’adiacente Provincia di Bolzano. Chiaramente, possibilità sì ma contestualizzate in una connotazione puramente locale, tenendo presente lo statuto speciale concesso al Trentino-Alto Adige.

Per restare sul piano nazionale, un’alternativa all’ISEE può essere rappresentata dal quoziente familiare. Anche qui, però, è necessaria la determinazione di casistiche specifiche, per capire non solo la reale possibilità di rimpiazzare il classico modello indicatore del reddito ma anche la convenienza di un’operazione di questo tipo. Per quanto riguarda l’ISEE, infatti, l’inquadramento è noto anche ai meno avvezzi all’ambito fiscale-burocratico. L’indicatore viene determinato considerando il reddito complessivo del nucleo familiare, comprensivo di un 20% relativo al valore del patrimonio mobiliare e immobiliare. L’intero “pacchetto” dei beni sarà quindi diviso sulla base di una scala di equivalenza, inclusiva di ogni membro del nucleo familiare. Il quale, in quanto tale, avrà una specifica rilevanza nella determinazione del reddito complessivo.

ISEE o quoziente familiare: cosa cambia e quale conviene

La “praticità” dell’ISEE deriva anche da un meccanismo di richiesta altrettanto standardizzato. Il quale passerà in primo luogo dalla presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), comprensiva delle varie voci necessarie alla determinazione del reddito familiare. Il quale sarà poi calcolato in virtù del rapporto fra l’Indicatore della Situazione Economica (ISE) e il parametro desunto dalla suddetta scala di equivalenza. Con possibili maggiorazioni previste sulla base del numero dei membri della famiglia (soprattutto in caso di nuclei numerosi) e di eventuali condizioni di disabilità. Il parametro ISEE sarà valutato tramite il Sistema Informativo (SII) dagli enti erogatori di agevolazioni, bonus e indennità, al fine di verificare l’effettivo possesso dei requisiti previsti per l’ottenimento.

Al netto della necessità di una valutazione del reddito nella stragrande maggioranza delle erogazioni a fini di sussidio, l’opzione del quoziente familiare costituirà una sorta di “plus” rispetto a quanto determinato dall’ISEE. Il meccanismo, infatti, non andrà a considerare la componente patrimoniale del nucleo familiare, semplificando di fatto il calcolo della condizione reddituale escludendo componenti esterne al reddito prodotto. Saranno infatti esclusi beni quali terreni, fabbricati, il valore dei titoli di investimento e persino delle giacenze medie. Un sistema reintrodotto in un’ottica di semplificazione ma anche di agevolazione rispetto al lavoro autonomo e al mondo delle imprese. Ad esempio, la reintroduzione del meccanismo col Dl Aiuti quater, ha accostato la logica del quoziente familiare a quella del Superbonus.

Possibili rischi

Il sistema del quoziente familiare, per quanto piuttosto marcatamente differente dall’ISEE, lascia però qualche dubbio in termini di equità. La determinazione del reddito tramite Q.F., infatti, potrebbe correre il rischio di creare un ulteriore gap fra contribuenti in un’ideale scala di welfare. In parole povere, di porre i presupposti per un vantaggio dei più abbienti rispetto alle famiglie in maggiori difficoltà. Questo proprio in virtù della sua natura, che non comprende (come invece l’ISEE) lo status patrimoniale. Un sistema che, secondo alcuni analisti, strizzerebbe l’occhio in particolare alle famiglie monoreddito. Con una possibile ripercussione sull’occupazione per il componente del nucleo familiare che guadagna meno. Il quale, molto spesso, è la donna.

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