Non solo Legge 104: quando l’assistenza esclusiva è un requisito chiave

Se il quadro dei permessi relativi alla Legge 104 è piuttosto delineato, meno chiaro è l’accesso al congedo della 151. Soprattutto per i requisiti.

Il complesso della Legge 104, per quanto variegato, si basa su un concetto di fondo piuttosto semplice. L’obiettivo ultimo, infatti, è la semplificazione della vita quotidiana di chi versa in condizioni di disabilità. Ed eventualmente di coloro che svolgono un’assistenza continuativa.

Assistenza esclusiva Legge 104
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Per quel che riguarda il secondo caso, in generale, la normativa prevede che al lavoratore dipendente venga riconosciuta un’indennità pari a tre giorni di permesso mensili retribuiti, i quali saranno di fatto coperti da contribuzione figurativa, anche se usufruiti in maniera continuativa. Il tutto a condizione che l’assistenza sia comprovata e che l’impiego dei permessi sia volto alla cura del disabile, sia in termini di assistenza diretta che di supporto allo svolgimento delle sue mansioni quotidiane. In questo senso va individuata la continuità, ossia il bisogno di usufruire dei permessi per l’assistenza in modo cadenzato o comunque abbastanza frequente da poter essere inquadrato nei dettami della Legge 104.

Va detto che alcuni interventi normativi, come la legge 183/2010, hanno leggermente modificato la disciplina in materia. All’articolo 24, ad esempio, il provvedimento varato tredici anni fa aveva rimosso, o quantomeno non più menzionato, i requisiti della continuità, dell’esclusività e della convivenza, di fatto rimuovendoli dal gruppo degli essenziale al fine del godimento dei permessi concessi dalla Legge 104. In sostanza, la presenza di familiari conviventi non pregiudicava, di per sé, la fruizione dell’indennità da parte di un altro familiare.

Legge 104 e 151, il nodo dell’esclusività: ecco come va interpretato

Al di là dei vari passaggi normativi, è chiaro che la semplificazione della Legge poggia sull’importanza di agevolare il più possibile l’accesso ai suoi benefici. Nello specifico, la presenza di un convivente non in grado, per età o altre forme di disagio fisico oppure economico, di esercitare l’assistenza, non andrà a pregiudicare la possibilità, da parte di un altro parente, di usufruire di uno o più permessi retribuiti. Questo non toglie che alcuni cavilli siano rimasti e che sia necessario tenerne il debito conto. Soprattutto in relazione ad alcune variazioni introdotte di recente che, pur non intaccando il complesso della Legge 104, richiedono il rispetto di alcune prerogative.

Il requisito dell’esclusività, come detto, è stato rimosso da tempo. Il D. Lgs. del 30 giugno 2022, però, ha disposto l’entrata in vigore, a partire dal 13 agosto, di alcuni aspetti fondamentali volti sia alla fruizione del beneficio che alla miglior conciliazione fra vita lavorativa e vita privata. Oltre che la condivisione delle responsabilità fra uomini e donne, garantendo una parità di genere in ambito lavorativo.

Il riferimento è, in particolare, all’articolo 3, comma 1, lettera b del D. Lgs. 105/2022, che ha rimosso anche il principio del “referente unico dell’assistenza”, in base al quale era stata fin qui riconosciuta (a eccezione dei genitori) la particolarità del ruolo svolto, limitandone l’accesso a non più di un lavoratore dipendente. Limite superato senza però eliminare il principio base dei tre giorni per l’assistenza allo stesso individuo. Né l’obbligo, certificato, della presenza di una disabilità in forma grave, quindi in grado di compromettere le più semplici azioni quotidiane. Allo stesso modo, l’intervento della Legge 53/2000 ha rimosso, da un punto di vista legislativo, il vincolo della convivenza. Introducendo tuttavia i requisiti di continuità ed esclusività.

Congedo e Legge 151

Meno nota, tuttavia, la possibilità concessa dalla Legge 151, relativa ai congedi parentali. Normativa che agisce sulla scia della 53/2000 ma che, a differenza della Legge 104, prevede un tempo di congedo dal lavoro ben superiore rispetto ai tre giorni mensili concessi dalla disciplina del 1992. In totale, si parla di due anni complessivi di assenza nell’arco della vita lavorativa, con indennizzo in base alla retribuzione relativa al mese di lavoro precedente al congedo. Il diritto è stato disciplinato dalla Legge 388/2000, che ha integrato le disposizione della 53 emessa nello stesso anno. Garantendo la possibilità di usufruire di due anni di congedo retribuito in presenza di handicap grave in famiglia. E con riferimento esclusivo ai genitori, oppure ad altri parenti (in ordine di priorità) qualora questi non fossero presenti.

Il riferimento è a tutti i dipendenti pubblici o privati. E, come per la 104, in caso di ricovero a tempo pieno il beneficio verrà meno. In questo caso, però, viene mantenuta una disciplina più stringente relativa ai requisiti: sarà infatti obbligatoria la convivenza, intesa come coabitazione. Non si fa riferimento a un’esclusività assistenziale, quanto di coabitazione e di residenza anagrafica. Va ricordato che, durante il congedo biennale, non matureranno diritti relativi a ferie, tredicesima mensilità e trattamento di fine rapporto.

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