Pensioni 2023: una veloce stima degli aumenti, meglio saperlo prima

Le pensioni nel 2023 aumenteranno per effetto della perequazione totale. Gli incrementi saranno soddisfacenti o rappresenteranno l’ennesima delusione?

La rivalutazione anticipata parziale delle pensioni è scattata nel mese in corso rivelando aumenti deludenti. Sarà così anche a gennaio?

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Con poche decide di euro in più sull’assegno pensionistico nessuno si salva dall’inflazione. Servono aiuti più consistenti come il Bonus 200 euro o il nuovo Bonus da 150 euro in arrivo tra novembre e dicembre. Fermarsi, invece, a dieci euro su una pensione minima di 524,35 euro sembra una presa in giro, una goccia in un’oceano di rincari che passerà inosservata in molti casi. Purtroppo per inadeguatezza delle casse dello Stato, la perequazione anticipata promessa a partire da ottobre non ha potuto superare il 2% più un’aggiunta dello 0,2% di conguaglio. Una percentuale – il 2,2% totale – che si traduce in incrementi irrisori sugli assegni dei pensionati. A gennaio, quando la perequazione sarà totale e non più parziale, si otterranno aumenti più consistenti?

Pensioni 2023, in attesa dei veri aumenti

L’inflazione ha raggiunto quota 8,9% nel mese di agosto 2022 con un aumento spropositato rispetto al 2021. Ciò significa che la rivalutazione delle pensioni che viene effettuata ad inizio anno dovrà tener conto, nel 2023, dell’incremento di circa 7 o 8 punti percentuali in un anno. La crescita si rileverebbe ancora maggiore qualora l’inflazione continuasse a salire negli ultimi mese del 2022 (come ampiamente probabile).

Rimanendo nella situazione attuale, la perequazione totale di gennaio 2023 comporterebbe un aumento di 37 euro circa su una pensione minima. L’assegno raggiungerebbe, dunque, i 561 euro al mese per un incremento totale annuo di 483,47 euro. La rivalutazione al 100% spetterebbe unicamente ai percettori di assegni inferiori a quattro volte il trattamento minimo. La percentuale scende al 90% per assegni tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo (con una perequazione del 6% circa) e al 75% per pensioni superiori di cinque volte al trattamento minimo (con perequazione al 5,33%).

Il paradosso che non finirà con l’anno nuovo

La rivalutazione anticipata di ottobre ha sottolineato un paradosso del meccanismo di perequazione. Le somme più elevate riguardano gli incrementi delle pensioni più ricche. Se l’aumento sulla pensione minima, come detto, è stimato a circa 10 euro, chi percepisce un assegno di 2.619,15 euro riceverà 50 euro in più rispetto ai mesi precedenti. La differenza diventerà ancora più consistente nel 2023 quando gli importi aumenteranno.

I cittadini non possono fare altro che accettare questo sistema e sperare che il nuovo esecutivo riesca ad aumentare attraverso altri interventi gli assegni pensionistici così come è nei piani.

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