Cartelle esattoriali, a 5 o 10 anni: quando scatta la prescrizione

Finite, per ora, le misure di dilazione dei pagamenti, le cartelle esattoriali tornano a gravare sui contribuenti. A meno che non siano scattati i termini di prescrizione.

 

La procedura di notifica delle cartelle esattoriali segue degli step precisi. Anche se il debito col Fisco è di natura ingente, tanto il contribuente quanto l’ente dovranno attenersi a degli obblighi.

Cartelle esattoriali prescrizione
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Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate Riscossione non potrà esimersi dal notificare per tempo lo stato debitorio al contribuente. E questo vale per ogni comunicazione relativa alla situazione fiscale del cittadino, incluse le ingiunzioni di pagamento. Una regola che vale a maggior ragione per le tante situazioni simili presenti in Italia, dove milioni di persone hanno debiti più o meno impellenti con il Fisco. Con l’irruzione della pandemia si è deciso di allungare le tempistiche per il saldo delle proprie pendenze, con una serie di misure volte a prorogare le scadenze delle varie cartelle esattoriali. Per un’attività fiscale ripresa a pieno ritmo praticamente un anno fa. Il punto è che, forse più ora che in passato, le spese che gravano sui contribuenti rendono le prospettive di regolarizzazione fiscale decisamente complicate.

La dilazione dei pagamenti avuta con il Saldo e stralcio o con i provvedimenti di rottamazione ha consentito a una parte degli interessati di appianare la situazione senza l’aggravio di sanzioni o interessi. La Rottamazione ter ha chiuso, almeno per ora, il quadro delle deroghe, con ultima scadenza fissata al 30 novembre 2022. A meno che, chiaramente, nel frattempo non siano subentrate circostanze tali da rendere ormai vana la richiesta di regolarizzazione della propria posizione fiscale. Le ragioni potrebbero essere sostanzialmente due: una riguardante la mancata comunicazione preventiva del debito. L’altra, più probabile, la prescrizione del debito.

Cartelle esattoriali: quali si prescrivono a 5 anni e quali a 10

I termini di prescrizione delle cartelle esattoriali variano a seconda della natura del debito con il Fisco. Solitamente, i tempi vanno da un minimo di 5 a un massimo di 10 anni, con l’eccezione di alcune pendenze particolari quali il Bollo auto, per il quale i termini di prescrizioni arrivano a breve termine. I casi più frequenti riguardano le tasse ma anche i contributi previdenziali, per i quali si passa un lustro a due a seconda dei casi. Ad esempio, i tributi locali dovuti a enti come i Comuni e le Regioni incorrono nella prescrizione solitamente dopo i primi 5 anni, mentre i termini si allungano di altri cinque nel caso delle tasse dovute allo Stato. È il caso dell’Iva, ma anche di Irpef, Irap e di altre pendenze di questo tipo.

Si torna a cinque anni, invece, per i contributi previdenziali dovuti obbligatoriamente all’Inps. I termini di prescrizione includono non solo il tempo trascorso tra la comunicazione del debito e la sua scadenza effettiva ma anche il mancato recapito della cartella esattoriale di riferimento. In sostanza, qualora un debito a carico del contribuente facesse riferimento a un determinato periodo e la comunicazione pervenisse all’interessato al termine del periodo ritenuto valido per rientrare entro i termini precedenti alla prescrizione, il carico potrà essere considerato decaduto a tutti gli effetti. Questo vale per l’Agenzia delle Entrate Riscossione così come per ogni altro ente preposto alla richiesta di regolarizzazione fiscale.

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