Pane e pasta, il prezzo della rinuncia: cosa dicono gli esperti

Sono diversi i luoghi comuni sui carboidrati e, di conseguenza, sull’apporto nutritivo di pane e pasta. Ma cosa succederebbe se fossero depennati dalla dieta?

 

Seguire una dieta specifica richiede indicazioni altrettanto precise da parte di una voce esperta. Dietologo o nutrizionista che sia. Difficilmente, infatti, le diete fai da te riescono a portare a qualcosa di concreto.

Pane pasta apporto
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Questo non toglie che una dose di attenzione non faccia male, perlomeno nel gestire le quantità di cibo e regolare l’apporto delle componenti nutritive per fare in modo che il tutto sia equilibrato. Una combinazione fra buonsenso e indicazioni mediche. Anche perché, per quel che riguarda i cibi, esistono delle convinzioni che non sempre corrispondono alla realtà. E scegliere di eliminare del tutto una categoria di nutrienti, quasi sempre, si rivela una scelta dannosa. L’equilibrio è quindi la vera mossa vincente. E l’eliminazione dei luoghi comuni potrebbe essere un primo passo. Fra gli alimenti più soggetti a voci di corridoio e credenze popolari più o meno fondate, figurano sicuramente pane e pasta. Ossia, le pietanze regine in termini di carboidrati. Ecco perché i consulti degli esperti sono essenziali.

Il corretto bilanciamento degli apporti nutritivi permetterebbe anche di rivedere alcune convinzioni ataviche. Qualora si smettesse di mangiare totalmente sia il pane che la pasta (o uno dei due), si farebbe quindi i conti con una dieta senza l’apporto maggiore di carboidrati consentito da un cibo. Anche l’eliminazione dai pasti per un periodo tutto sommato breve, come qualche settimana, potrebbe portare conseguenze anche alla lunga sull’organismo dell’individuo. Come spiegato dal nutrizionista Pietro Migliaccio, presidente emerito della Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione a Portale Diabete, il primo segnale tangibile sarebbe la perdita di peso. Questo, però, non significa perdere grasso.

Pane e pasta, cosa succede se si azzera l’apporto dei carboidrati

Secondo quanto spiegato dal nutrizionista, i carboidrati vengono “immagazzinati nel corpo sotto forma di glicogeno” ciascun grammo “accumula da tre a quattro volte il suo peso in acqua. Quindi, non appena si tagliano i carboidrati e si inizia a utilizzare il glicogeno, ogni grammo di carboidrato in meno sono 3 grammi persi di acqua”. In poche parole, diminuisce l’apporto ai liquidi del corpo e, di conseguenza, a essere bloccato sarebbe il metabolismo dei grassi. Una situazione che produce uno stop a livello dei corpi chetonici, i quali si accumulano finendo per entrare in circolazione nell’organismo. Questo, secondo l’esperto, andrebbe a provocare effetti quali alitosi, debolezza, insonnia, nausea e vertigini. Gli stessi sintomi di un’influenza. Condizioni che evidenziano come i carboidrati siano, di fatto, la fonte di energia primaria per il nostro corpo, apportando nutrimento sia in termini di resistenza che di potenza.

A questo si contrappone l’incremento dei livelli di zucchero nel sangue, altro tratto tipico dei carboidrati. I quali, in questo senso, potrebbero sviluppare una sorta di dipendenza per l’organismo, alla continua ricerca di quella componente in grado di conferire il rafforzamento energetico. Una soluzione, secondo il professore, sarebbero gli alimenti integrali, il cui ingerimento andrebbe a generare un assorbimento più lento e, quindi, scongiurerebbero lo stimolo dei “centri di dipendenza”. Secondo quanto osservato da uno studio pubblicato su PLoS ONE, inoltre, i carboidrati raffinati aumentano il rischio di produzione di acido grasso, con potenziale rischio di malattie cardiache e diabete di tipo 2. Anche in questo caso, potrebbero mitigare i cereali integrali che, stando all’American Heart Association, stabilizzano i livelli di colesterolo.

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