Contribuenti, come fare causa all’INPS per un provvedimento errato: la guida

I contribuenti possono opporsi ad un provvedimento sbagliato con un ricorso amministrativo e una causa giudiziale. Vediamo come procedere.

Chi sbaglia paga, non vale solo per i contribuenti ma anche per gli enti. In caso di provvedimento errato è possibile avanzare una causa.

contribuenti causa INPS
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Anche l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale commette degli errori ai danni dei contribuenti. Quando ciò accade i cittadini possono opporsi seguendo una specifica procedura. Richieste di denaro non dovuto, sbagli nei calcoli pensionistici, divieti di accesso ad alcune prestazioni pur avendone diritto, i motivi dietro ad un provvedimento errato sono vari ma la conclusione è la stessa. Il contribuente può opporsi e far valere i propri diritti. La difesa parte da un ricorso amministrativo per arrivare ad una causa giudiziale. Scopriamo quando è possibile e come procedere.

Contribuenti, quando si può fare causa all’INPS

Il contribuente può avanzare ricorso amministrativo in caso di provvedimenti negativi o concessivi relativi a pensioni, riscatti, totalizzazione e ricongiunzioni. L’iter per il pensionato inizia comunicando il provvedimento che ritiene errato e riferendo la vicenda amministrativa. Dovrà poi individuare le motivazioni a sostegno della richiesta di modifica, cancellazione, revoca o sospensione del provvedimento e allegare la documentazione utile per risolvere la controversia.

Per quanto riguarda le tempistiche, il ricorso dovrà partire entro 90 giorni dal ricevimento dell’atto amministrativo da impugnare. In caso di rigetto, un ulteriore ricorso potrà essere avanzato entro 121 giorni. Solo in caso di rigetto, poi, il contribuente potrà procedere con l’azione giudiziaria.

Come funziona l’azione giudiziaria

Se il ricorso amministrativo dovesse avere esito negativo, il pensionato può iniziare un’azione giudiziaria che richiede l’intervento di un giudice previdenziale, della Corte dei Conti del Tribunale Ordinario, del Giudice di pace o del Tar. La scelta è legata all’oggetto del contendere. Si fa ricorso al giudice previdenziale, ad esempio, per controversie legate ad un infortunio sul lavoro, a malattie professionali, ad assicurazioni sociali per lavoratori dipendenti, autonomi e professionisti e agli assegni familiari e per il nucleo familiare.

La Corte dei Conti, invece, viene interpellata per provvedimenti contestati relativi a pensione, indennità civili, assegni e indennità di guerra. Il Tribunale Ordinario, il Tar e il Giudice di Pace si occupano rispettivamente di previdenza complementare, interessi legittimi e interessi e accessori.

Le conseguenze per i contribuenti in caso di errore dell’INPS

In linea generale, l’INPS paga gli errori con un risarcimento ai contribuenti qualora lo sbaglio sia relativo al calcolo della pensione. Se l’evento dannoso è stato causato anche dal cittadino allora la sentenza sarà di concorso di colpa e il risarcimento potrebbe essere ridotto.

La normativa stabilisce, poi, che la pensione illegittimamente percepita deve essere restituita all’INPS al netto delle imposte. Tale direttiva vige dal 2020 e si accompagna con la decisione di applicare un credito del 30% a favore del sostituto d’imposta. Il riferimento è sia alle pensioni che ai trattamenti sociali soggetti a ritenuta.

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